Massimo Bossetti, l’operaio edile bergamasco condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, ha ribadito la volontà di trasferirsi presso la struttura carceraria di Bollate, dove poter lavorare. Il suo consulente, Ezio Denti, lo aveva specificato ieri durante il programma di Canale 5, Pomeriggio Cinque, e oggi uno dei legali di Bossetti, Claudio Salvagni, ha confermato l’indiscrezione: «Per la decisione ci vorranno alcune settimane – ha spiegato, come riporta l’edizione Milano di Repubblica – e la richiesta deriva dal fatto che a Bollate potrebbe lavorare, cosa che a Bergamo non è possibile». L’istanza è all’esame del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e del Tribunale di Sorveglianza di Brescia, e forse entro la fine dell’anno avverrà la risposta definitiva. Il carcere milanese di Bollate, come ricorda Repubblica, è preso ad esempio spesso e volentieri per quanto riguarda l’inserimento nel mondo del lavoro da parte dei carcerari, per via delle diverse aziende e cooperative presenti al suo interno. Bossetti, subito dopo la condanna all’ergastolo di poche settimane fa, aveva espresso la volontà di lavorare per non impazzire. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
BOSSETTI VUOLE LAVORARE
Novità importanti in merito a Massimo Bossetti, l’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Anche la trasmissione Pomeriggio 5 si è occupata del caso intervistando Ezio Denti, consulente della difesa di Bossetti, che proprio insieme alla moglie Marita Comi si è recato in carcere a trovare il carpentiere di Mapello. Ad averlo colpito di più, secondo le sue parole, sarebbe stata “la rabbia”. Ha proseguito Denti: “Non l’ho mai visto così, in un’ora di colloquio ha parlato sempre lui ed era quasi insopportabile per la rabbia che ha in corpo”. Massimo Bossetti vuole lavorare ma questo non può farlo nel carcere di Bergamo. Da qui la richiesta di trasferimento nel carcere di Bollate con la speranza che possa essere presto trasferito ed impegnato in altre attività. Secondo l’inviata del programma, il trasferimento sarebbe stato accolto e già la prossima settimana Massimo Bossetti potrebbe essere trasferito nel carcere di Bollate dove potrà lavorare per la sua famiglia. Marita ha ancora una volta ribadito la sua vicinanza nonostante il momento piuttosto delicato. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
MOGLIE MARITA COMI: “È INNOCENTE”
Marita Comi continua a credere nell’innocenza di suo marito Massimo Bossetti. Lo rivela La Vita in Diretta, che ha intercettato la moglie dell’ex muratore di Mapello, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. La donna ha raccontato che suo marito non si rassegna all’idea di dover trascorrere la sua vita in carcere, perché continua a ribadire la sua estraneità riguardo la morte della 13enne, scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra (Bergamo) e trovata senza vita tre mesi dopo. Ne aveva parlato anche dopo la sentenza di condanna della Cassazione. «È innocente, ed è quello che ripeto ai nostri figli – dichiarò attraverso il suo avvocato Claudio Salvagni al quotidiano Libero – Lo conosco da quando eravamo ragazzi e so che non mente». Marita Comi anche in quell’occasione spiegò che non sarebbe rimasta con lui se non fosse convinta della sua estraneità all’assassinio di Yara Gambirasio.
BOSSETTI, CHIESTO TRASFERIMENTO IN UN ALTRO CARCERE
Nello studio de La Vita in Diretta è presente il medico legale Dalila Ranalletta, consulente del pool difensivo di Massimo Bossetti, che ha fatto discutere nelle settimane scorse per il modo in cui ha parlato della vicenda legata al Dna. «Traccia genetica pasticciata», così aveva parlato su Raiuno senza rettificare o precisare l’affermazione fuorviante. Anzi nella puntata di oggi la consulente ha definito il processo «Dna-centrico». Intanto il carpentiere condannato di aver accoltellato, seviziato e ucciso la piccola ginnasta, e di averla abbandonata in un campo a pochi chilometri da casa in una notte di fine novembre, dovrebbe lasciare il carcere di via Gleno per essere trasferito definitivamente in quello milanese di Opera o Bollate, dove avrebbe la possibilità di lavorare. Quel che sembra certo è che ci sarà Marita al suo fianco. «In carcere osserva gli altri detenuti, e mi dice che molti di quelli colpevoli alla fine si rassegnano e iniziano un percorso di ricostruzione. Invece Massimo non ci riesce, perché è innocente e quindi non accetta la privazione della sua libertà».