La morte di Carlotta Benusiglio, stilista 37enne trovata impiccata a Milano la mattina del  maggio 2016, ad un albero dei giardinetti di Piazza Napoli, sarebbe solo un “suicidio inscenato”. E’ questa la conclusione alla quale sono arrivati i consulenti nominati dalla procura milanese, secondo i quali la giovane donna sarebbe stata in realtà strangolata con la sua stessa sciarpa, quindi appena all’albero dove fu rinvenuta cadavere. Una ricostruzione, questa, che a loro detta sarebbe la “più plausibile, se non l’unica possibile” capace di giustificare la morte della 37enne che sin da subito aveva suscitato numerosi dubbi soprattutto presso la sua famiglia, da sempre ben attenta ad allontanare la tesi del suicidio. A suscitare i maggiori sospetti in merito all’iniziale pista seguita fu soprattutto la posizione del cadavere di Carlotta Benusiglio, i cui piedi toccavano terra nonostante avesse al collo una sciarpa ben stretta e legata ad un albero. La consulenza firmata dai professori Carmela Buonomo e Mariano Cingolani, tuttavia, fornirebbe una versione ben distante da quella del suicidio, evidenziando piuttosto la possibile messinscena da parte del presunto killer. L’inchiesta vede coinvolto Marco Venturi, fidanzato di Carlotta e indagato per omicidio volontario.



CARLOTTA BENUSIGLIO, CONSULENTI PM “INSCENATO SUICIDIO”

In merito al caso della morte di Carlotta Benusiglio, si legge nella consulenza dei due esperti, vi è la presenza di un “atto volontario, di una seconda persona che, in azione unica ed assai rapida, ha prima strangolato, strozzato o comunque attinto violentemente al collo della donna e, di seguito, servendosi della sciarpa che la stessa indossava, ha provveduto a sospendere il cadavere al ramo dell’albero dove è stata successivamente rinvenuta”. Gli stessi professori non escludono che il suo killer abbia usato la medesima sciarpa per strangolare la stilista 37enne tentando poi di inquinare la scena del crimine per inscenare un suicidio. “Teneva costretta a sè la vittima, magari attraverso l’uso della pashmina, continuando a sorreggere il corpo, ormai esamine”, si legge ancora nella consulenza. Quindi, “provvedeva ad assicurare un capo della pashmina, opportunamente avvolta su sè stessa, girandola attorno al collo della vittima e, avvicinandosi a un albero, faceva passare ‘a ponte’ il secondo capo intorno al ramo”. In ultimo, chiudeva il capo libero incastrandolo il cappio dietro la nuca: “Lasciava quindi il corpo, ormai cadavere, sospeso all’albero, allontanandosi dalla scena. Il tutto, ragionevolmente, avveniva in poche decine di secondi”.

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