Il Papa scrive al cardinale Ravasi, in occasione di un convegno, un messaggio sulla dismissione delle chiese che non sono più necessarie per il venire meno dei fedeli e subito si scatena la consueta cagnara mediatica: anche Papa Francesco è favorevole a trasformare le chiese in pizzerie o peggio in night-club! Posto che il rischio non è teorico – ad Amsterdam una chiesa trasformata in night club è una popolare destinazione turistica – naturalmente il Papa ha scritto più o meno l’opposto.



Nel suo messaggio ci sono quattro aspetti fondamentali. Primo: la dismissione delle chiese oggi può essere una triste necessità. Ci sono paesini che si spopolano e zone delle grandi città dove il numero di cattolici si fa esiguo. Non è ragionevole mantenere in piedi una chiesa da trecento persone frequentata da quattro o cinque. La dismissione di una chiesa è sempre dolorosa per la comunità di chi lì è stato battezzato, si è sposato, ha fatto la prima comunione. “Non va accolta con ansia, ma come un segno dei tempi” e un invito alla riflessione. Ci si può anche chiedere se chi si straccia le vesti quando la chiesa viene dismessa in precedenza la frequentava veramente.



Secondo: le chiese di valore artistico, una volta dismesse, non possono che avere una destinazione “museale, che non li considera solo documenti della storia dell’arte, ma ridona loro quasi una nuova vita, così che possano continuare a svolgere una missione ecclesiale”. La Chiesa in molti Paesi non è la sola a prendere decisioni sul destino di questi edifici di culto, ma è chiaro che un museo rispettoso della natura della (ex) chiesa è la soluzione migliore e più consona al problema delle dismissioni.

Terzo: le soluzioni devono essere condivise con i fedeli. Spesso le ribellioni derivano da un diktat della curia episcopale competente, magari tenuto segreto fino all’ultimo per evitare reazioni. Francesco invita invece al dialogo. Se l’invito sarà accolto, molti conflitti clamorosi cui si è assistito negli ultimi anni saranno evitati.



Quarto: in ogni caso la destinazione deve essere scelta evitando che dia “scandalo ai fedeli” e non solo sulla base di considerazioni “tecniche ed economiche”. Tradotto in parole povere, se il vescovo riceve un’offerta economicamente straordinaria da chi vuole trasformare la chiesa in un sexy shop la deve rifiutare. E deve privilegiare destinazioni di servizio alla comunità e ai più poveri.

Come si vede, nessun “liberi tutti” e nessuna presa di posizione a favore delle chiese trasformate in ristoranti o night-club. Ma un invito a riflettere: se la chiesa è dismessa perché nessuno ci va più la colpa è solo del parroco, del vescovo o del Papa o è anche un po’ dei fedeli più pronti a protestare che ad andare a Messa?

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