L’indagine sul crollo del ponte Morandi di Genova esplora per la prima volta il livello politico. Mossa a sorpresa della Procura che ha chiamato a testimoniare due ex ministri delle Infrastrutture, Graziano Delrio e Antonio Di Pietro, che verranno sentiti come persone informate sui fatti. Il 19 dicembre toccherà al predecessore di Danilo Toninelli, perché alla guida del dicastero sotto il cui ombrello è stato dipanato il lungo iter del progetto di rinforzo del ponte, approvato e mai realizzato. Due giorni dopo toccherà a Di Pietro, ministro dal 2006 e 2008 del governo che firmò la convenzione con Autostrade per l’Italia. Dopo il tragico crollo che ha provocato la morte di 43 persone e 600 sfollati, Di Pietro ha sempre dichiarato: «È vero che c’è una responsabilità da parte di Autostrade sull’omessa manutenzione, ma è anche vero che c’è un omesso controllo da parte del ministero». L’obiettivo della Procura, come riportato dal Corriere della Sera, è capire perché l’attività di controllo del soggetto pubblico delle infrastrutture non ha portato alla messa in sicurezza del ponte da parte del concessionario.
AUTOSTRADE E MINISTERO: DOPPIA RESPONSABILITÀ?
L’ex pm Antonio Di Pietro ha dichiarato che dal 2012 il Ministero delle Infrastrutture doveva occuparsi dei controlli al posto dell’Anas: «È stato previsto che ci fosse il personale sufficiente per farlo? Secondo me no». Questo sospetto è condiviso dal pm di Genova Massimo Terrile, che a Bruno Santoro, dirigente della Vigilanza tecnica e operativa del ministero, ha chiesto: «A me sembra curioso che, dopo aver imposto controlli e verifiche periodiche alle società concessionarie, l’autorità concedente si disinteressi totalmente dell’esito di quei controlli, che neppure le vengono inoltrati… Non sembra curioso anche a lei?». La replica di Santoro, uno dei 21 indagati e tra i pochi a rispondere alle domande del pm, è candida: «Sono totalmente d’accordo con lei, osservazioni fondate, sono cose incredibili. Che molte situazioni non abbiano funzionato nel rapporto tra ministero e concessionaria è evidentissimo». Inoltre, Santoro ha spiegato di non sapere se al ministero ci fossero tecnici idonei ad effettuare controlli e valutazioni. Gli inquirenti ipotizzano dunque una doppia responsabilità: da una parte quella della società concessionaria che sembra allungare i tempi dell’intervento per massimizzare i profitti, dall’altra la debolezza di un ministero senza uomini e risorse. Come riportato dal Corriere della Sera, il rapporto tra controllore e controllato si sarebbe sbilanciato a favore di Autostrade.