Ad un mese dalla scomparsa di Silvia Costanzo Romano, la 23enne cooperante milanese rapita da una banda armata di sei uomini dal villaggio di Chakama, la polizia kenyana si trova ad affrontare una grande sfida: fronteggiare l’assenza di controllo sul territorio. È quindi costretta a ricorrere alla collaborazione dei residenti, capi villaggio e informatori del posto, che spesso ne approfittano per trarre qualche guadagno. Ma per fare un blitz serve il loro aiuto, perché conoscono la foresta, oltre che la certezza assoluta di non mettere a rischio la vita della volontaria dell’onlus di Fano “Africa Milele”. Come riportato da La Repubblica, testimoni raccontano di aver visto Silvia, aveva i capelli rasati a zero e alcune ferite alle gambe, forse dovute ai passaggi continui tra gli sterpi di natura inospitale. Da una settimana chi la tiene in ostaggio è bloccato tra il fiume Tana e un suo affluente, a nord di Garsen, a 80 chilometri da Malindi. Smentite quindi le voci secondo cui sarebbe arrivata in Somalia. A darne conferma fonti incrociate dell’intelligence kenyana.
SILVIA ROMANO, POLIZIA HA LOCALIZZATO RAPITORI
La polizia kenyana sa dov’è Silvia Romano. I droni hanno fotografato l’area esatta in cui è tenuta in ostaggio dai rapitori, che tra l’altro non se la stanno passando bene, stando a quanto riportato da La Repubblica. Sarebbero bloccati tra i due fiumi infestati da coccodrilli, quindi non possono andare oltre da soli. Le ricerche intanto continuano a tappeto, 24 ore su 24, con l’uso di tecnologie e pattugliamenti. Delle 100 persone arrestate sabato scorso nel villaggio vicino a dove sarebbe tenuta in ostaggio Silvia Romano sono state tutte rilasciate, tranne le quattro che sembrano avere rapporti stretti con i rapitori. Restano fumose però le motivazioni del sequestro, ma il denaro resta centrale, perché si parla di riscatto. I sequestratori avrebbero chiesto 30 milioni di scellini kenyani, circa 260mila euro. Probabilmente c’è stato un confronto con il nostro governo. Risalirebbe alla prima settimana del rapimento, quando l’accordo sembrava fatto e poi qualcosa è andato storto.