Sono diverse le curiosità che ci portano a un tour in giro per il mondo per le feste di dicembre. Tra queste non può sfuggirci il capodanno tibetano che dura ben quindici giorni. In questi, col Natale nel mezzo, si consuma frequentemente una bevanda fermentata tipica del posto il chhaang. Inoltre ci si traveste con costumi tradizionali per scatenarsi in danze molto popolari. Alla fine di questa lunghissima festa poi ci si prepara ad accogliere il nuovo anno con i monaci del monastero di Namgyal che si preparano ad offrire una specie di “torta sacrificale” a tutti i presenti a Palden Lhamo. Sono tradizioni molto lontane da noi, ma che sicuramente ci fanno riflettere sulle differenti tradizioni che si muovono sul nostro pianeta. Le immagini che possiamo trovare su internet ci mostrano questi costumi molto colorati ma a tratti anche macabri perché conditi da draghi e immagini di teschi. Le maschere poi sono spaventose con le solite bocche aperte e i denti con i canini acuminati. (agg. di Matteo Fantozzi)



BRASILE, A GRAMADO DURA 25 GIORNI

Anche in Brasile è tempo di festeggiamenti e il mese di dicembre rappresenta il mix perfetto di folclore e divertimento. Il Brasile si pone come crocevia di culture e influenze culturali dal mondo dove si intrecciano culti religiosi che mescolano tradizioni cristiane dei santi a spiriti delle religioni africane e da ciò emergono riti spesso davvero particolari. A proposito del Natale, il più lungo ma soprattutto folcloristico si celebra proprio qui ed è quello organizzato a Gramado, nella Serra Gaucha, che è stato ribattezzato con il nome con il nome di Natal Luz e dura ben 25 giorni, esattamente dal 18 dicembre all’11 gennaio! Durante questo periodo emerge tutto lo spirito brasiliano e le vie della città costruita ai tempi del periodo coloniale tedesco si illuminano doppiamente: oltre allo spirito del Natale, infatti, non manca il sole estivo tipico del posto. A rendere tutto più consono all’atmosfera del periodo, un grande albero di Natale illuminato e posto all’ingresso della cittadina, ad accogliere abitanti e turisti. Sempre a Gramado, si svolge annualmente il raduno dei Babbi Natale del Sud America, con tanto di costume a tema nonostante le alte temperature. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



PER NATALE IN GALLES IL RITO DEL “MARE GRIGIO”

Chi ha la fortuna di trovarsi in Galles per il periodo di Natale, potrà imbattersi in una festa molto particolare. Non sarà rado vedere un teschio di cavallo attaccato a una veste bianca, in giro per le vie, portato di casa in casa da persone che cantano. Si tratta della tradizione del Mari Lwyd (“mare grigio”, appunto). Terminati i canti poi, il gruppo insieme al teschio di cavallo è invitato all’interno delle abitazioni per bere birra e mangiare i dolci della tradizione locale. Si tratta di una tradizione del folclore natalizio/invernale molto sentita in Galles (in particolare nel Glamorgan e nel Gwent). Negli anni Venti e Trenta del Ventesimo secolo, questa tradizione era molto diffusa per poi sparire quasi del tutto intorno agli anni Sessanta anche se ancora oggi è presente in diversi villaggi. In realtà, Mari Lwyd viene solitamente tradotto come “giumenta grigia”, anche se etimologicamente parlando, il termine “mari” assume diverse valenze. C’è chi, infatti, lo collega al sassone “mare”, ovvero cavallo e chi invece al nome della Vergine Maria. Anche in merito alle origini di questa tradizione tutta gallese vi sono pareri discordanti: secondo alcuni studiosi, infatti, si tratterebbe di una usanza pagana legata – come molte altre ricorrenze nel mondo – ai riti della fertilità e alla rinascita del sole, con un collegamento, dunque, alle celebrazioni del solstizio d’inverno. La festa ha però anche una interpretazione di natura cristiana, in quanto il Mari Lwyd rappresenterebbe la Fuga in Egitto. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



PER NATALE I NATIVI AMERICANI HANNO GIÀ FESTEGGIATO IL SOYAL

Tra le feste di dicembre nel mondo più tipiche e conosciute c’è anche il Soyal che i nativi americani hanno già festeggiato lo scorso 21 dicembre quattro giorni prima di Natale. A celebrarla sono gli indiani Hopi dell’Arizona, consiste nel celebrare il solstizio d’inverno come fanno numerose altre popolazioni in giro nel mondo. La loro cerimonia si apre con delle danze e dei riti di accoglienza propiziatori nei confronti degli spiriti protettori della montagna che chiamano Kachinas. La tradizione di questi nativi americani vuole che continuino con la benedizione di comunità, case e addirittura delle piante. Per effettuare la benedizione sono stati utilizzati i famosi Paphos cioè i bastoni della preghiera. Ancora oggi ci sono diverse comunità di nativi americani che portano avanti la tradizione, con tutte le specifiche cerimonie che vengono svolte in luoghi considerati di culto sacri. (agg. di Matteo Fantozzi)

DALLA ROMANIA AL MARYLAND

E se per Natale l’orso diventasse, all’improvviso, il tema centrale? Lo si scorge nelle tante tradizioni e feste di dicembre in giro per il mondo, dalla Romania fino al Maryland: come riportano alcune curiosità di Focus, “Ursul” è una delle tradizioni più strane (e grottesche) di parte della Transilvania. È solito infatti per gli abitanti vestirsi da orsi (in passato pare si usassero quelli veri!) per ballare e fare capriole e salti per strada durante l’ultimo giorno dell’anno: un buon augurio per l’anno passato e qualche follia in vista dell’anno nuovo, insomma un’insolita festa che in alcuni casi “sostituisce” o comunque segue il Natale canonicamente immaginato. Se si passa l’Oceano e si finisce fino al Maryland, ancora più “folle” la festa che a dicembre compiono i temerari (o folli?) che partecipano alla tradizione dell’orso polare: più di 10mila persone ogni anno dopo Natale si tuffano nelle acque ghiacciate della Baia di Chesapeake. Sotto lo zero termico, indossando un semplice costume da bagno si buttano in acqua urlando e augurandosi una buona festa: chi partecipa (e sopravvive) fa poi una donazione in beneficienza. (agg. di Niccolò Magnani)

IL KWANZAA E GLI AFROAMERICANI

Non tutti sanno che l’ultimo mese dell’anno, al di là del Natale, è ricco di numerose ricorrenze che vengono festeggiate in diversi angoli della terra. Fra queste vi è ad esempio il Kwanzaa, una festa ideata nel 1966 da Maulana Karenga, uno dei molti leader del movimento per i diritti degli afroamericani negli Stati Uniti in quegli anni, con l’obiettivo di far avvicinare gli afroamericani alle loro radici culturali. Si tratta di una ricorrenza che cade ogni anno al 26 dicembre, e che viene festeggiata negli Stati Uniti, dove appunto è nata. Inizialmente non era nata come festa religiosa, ma oggi, a diversi anni dalla sua nascita, vi sono numerose comunità di afroamericani che la celebrano nelle chiese. Kwanzaa significa in lingua swahili “primo frutto”, ed è una ricorrenza che dura 7 giorni partendo appunto da Santo Stefano: ad ogni giorno si dedica un diverso principio, leggasi “unità”, “autodeterminazione”, “lavoro e responsabilità collettiva”, “economia cooperativa”, “scopo”, “creatività” e “fede”, associati a loro volta ad una candela colorata, accesa ogni sera per una settimana. Ogni candela viene posta su uno speciale candelabro detto Kimara, rappresentante i 7 principi di cui sopra. Inoltre, il Kimara viene posto su una tipica stuoia di paglia, su cui vengono posizionate tante spighe di grano per ogni bambino presente in famiglia. I colori tipici della festa sono il rosso, il verde e il nero, utilizzati per addobbare la casa, e chi festeggia il Kwanzaa è solito scambiarsi dei regali, i cosiddetti Zawadi. Infine l’utilizzo del Mazao, una tazza speciale che rappresenta l’unità e da cui ogni membro della famiglia deve bere. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

MESSICO, LA NOTTE DEL RAVANELLO

Abbiamo compreso l’intenzione di Google di ricordarci che tra le varie feste di dicembre nel mondo non c’è soltanto il Natale, ma anche per l’Italia così variegata dal punto di vista culinario sarà certamente una sorpresa prendere atto dell’esistenza della particolare tradizione che ogni 23 dicembre si celebra in Messico, nello stato di Oaxaca. Di che si tratta? Partiamo direttamente dal nome della festa: la Notte del Ravanello. Parliamo, come ricorda Focus, di un festival sviluppato nell’arco di tre giorni in cui le grandi protagoniste sono le verdure intagliate e, su tutti, i ravanelli. Scolpiti da artigiani con l’obiettivo di rappresentare la natività e scene di folklore messicano, la festa ha origine nel periodo coloniale, quando i ravanelli vennero introdotti in Messico dagli spagnoli. C’è un però: dal momento che le verdure appassiscono molto rapidamente dopo il taglio, le opere restano “fresche” e apprezzabili solo per breve tempo. Da qui le lunghe file, in una particolare corsa contro il tempo per apprezzare le sculture di verdura all’apice del loro splendore. (agg. di Dario D’Angelo)

IL NATALE EBRAICO

Si sa Google è sempre più internazionale e “osservante” i diritti e le feste di tutti (sempre sull’onda del politicamente corretto in salsa Mountain View): per questo motivo, come doodle odierno ha scelto di puntare su tutte le feste di dicembre nel mondo che si “aggiungono” al Natale del Signore per il cristianesimo. Una delle più importanti se non forse la più riconosciuta dopo il 25 dicembre cristiano è l’Hanukkah (o Chanukkah) che viene ricordata anche come la Festa delle Luci. Nella lingua del popolo d’Israele hanukkah significa letteralmente “inaugurazione” o anche “dedica” e riguarda la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme avvenuto dopo la liberazione dall’ennesima occupazione straniera, in questo caso i Greci nel II secolo a.C; stando alla tradizione centralissima nella religione ebraica, il regno di Eretz Israele aveva tentato di distogliere tutto il popolo dagli insegnamenti della Torah e dai precetti del Brit Milah e dello Shabbat. Di fatto, gli assiro-ellenici volevano cancellare le specifiche più antiche e importanti del popolo ebraico ma solo una “minoranza” di ebrei si fece corrompere: stando al passo di Zaccaria nella Bibbia, «una rivolta armata guidata da un anziano sacerdote dell’antica famiglia degli Asmonei, Mattatia, permise la vittoria dello spirito sulla forza brutale che minacciava Israele nella sua vita religiosa e spirituale». La festività di Hanukkah dura 8 giorni e secondo il complesso calendario ebraico, tradotto nel nostro occidentale, si è già svolta dal 2 al 10 dicembre appena passati. (agg. di Niccolò Magnani)

IL DONGZHI IN CINA

Sì, per noi italiani è evidente: basta pronunciare la parola “dicembre” e il pensiero corre subito al NataleGesù Cristo per i credenti, ma in senso “laico” quella che ci ricorda l’importanza della famiglia. Eppure basta girare l’angolo, puntare lo sguardo su un altro spicchio di mondo, per rendersi conto che dicembre non è solo Natale. Prendiamo la Cina e altri Paesi dell’Asia Orientale, dove proprio ieri, 22 dicembre, si è celebrato il Dongzhi, la festa che dà il benvenuto all’inverno. L’occasione è ghiotta per celebrare le tradizioni locali più disparate, il cui comune denominatore è spesso la filosofia yin e yang, sinonimo di equilibrio e armonia nel cosmo. Il motivo è logico più che spirituale: dopo il Dongzhi, infatti, i giorni hanno più ore di luce e quindi aumenta l’energia positiva. Come per il Natale, anche durante il Dongzhi ci si raccoglie in famiglia per mangiare: la pietanza più attesa sono le tradizionali Tangyuan (palline di riso bianche e rosa), che – ricorda Focus – simboleggiano appunto la riunione e vengono spesso accompagnate con un vino di riso non filtrato e moderatamente alcolico.

FESTE DI DICEMBRE NEL MONDO: LA NOTTE DI YALDA IN IRAN

Restiamo in Oriente, ma lasciamo l’Estremo per spostarci nel Medio, spesso scenario di guerre e conflitti. Eppure sono magiche le atmosfere che possono respirarsi nel mese di dicembre ad esempio in Iran, uno Stato da sempre sul filo di un equilibrio instabile. La festa più caratteristica del mondo persiano è stata celebrata il 21 dicembre scorso e prende il nome di Notte di Yalda. In cosa consiste? Innanzitutto bisogna dire che ha lo scopo di celebrare il solstizio d’inverno. Yalda in persiano significa nascita, e il festival nasce con l’intenzione di celebrare la vittoria della luce sulle tenebre. Così come in Cina e in Asia per il Dongzhi, dunque, il passaggio del solstizio d’inverno viene vissuto come un viatico verso un periodo di nuove energie, di positività che si fa spazio. Anche in questo caso ad accomunare le diverse celebrazioni vi sono le famiglie che si riuniscono: per la Notte di Yalda si rimane svegli tutta la notte, mangiando melograni, simboleggianti il il ciclo della vita, insieme a frutta secca. Derivante dal mitraismo, la festa di Yalda celebra appunto la nascita di Mitra, dio del Sole. L’usanza di trascorrere insieme la notte più buia dell’anno nasce con l’idea di esorcizzare le difficoltà della vita e di affermare la vittoria della luce sulle tenebre attraverso l’unione familiare.