L’inchiesta sulla morte di Mattia Mingarelli è blindata. Gli inquirenti non si sbilanciano, ma non è da escludere che il decesso sia imputabile ad una disgrazia durante l’escursione del 30enne scomparso misteriosamente in Valmalenco lo scorso 7 dicembre e ritrovato ieri in un bosco. Così come non si esclude l’ipotesi di un malore, ma al vaglio ci sono anche altre ipotesi, come l’omicidio. Ad alimentare i dubbi è la circostanza che il cadavere sia stato trovato in luoghi a lungo battuti da decine e decine di uomini del Soccorso Alpino, della Guardia di Finanza, dei Vigili del Fuoco e della Protezione civile, anche con l’ausilio di cani molecolari, animali specializzati nell’individuazione di corpi senza vita. Sino a notte inoltrata comunque sono proseguiti sul posto gli accertamenti dei carabinieri del Sis di Milano. La salma è stata condotta all’obitorio dell’ospedale di Sondrio. Intanto il magistrato di turno, Antonio Cristillo, ha disposto l’autopsia. (agg. di Silvana Palazzo)



SI ATTENDE L’AUTOPSIA

Giunge qualche dettaglio in più in merito alla morte di Mattia Mingarelli, il 30enne di Albavilla (provincia di Como, Lombardia), scomparso dallo scorso 7 dicembre e ritrovato senza vita nella giornata di ieri. Come riferisce l’edizione online del quotidiano Il Giorno, il ragazzo è stato rinvenuto da alcuni sciatori nella ski-area Chiesa in Valmalenco-Palù. I turisti, una volta avvistato il corpo di Mattia, hanno subito avvisato la polizia di stato: il luogo esatto del ritrovamento era un’area boschiva molto impervia, a circa 1.800 metri di quota, non molto lontano dal rifugio Barchi, locale in cui lo stesso Mingarelli sarebbe stato visto in vita per l’ultima volta. Al momento non filtrano dettagli in merito alle cause del suo decesso, e la procura ha disposto l’autopsia per cercare di fare chiarezza. Non è da escludere che Mattia, vista anche la zona in cui è stato ritrovato il suo corpo, sia scivolato ed abbia sbattuto la testa, oppure, si sia ferito per poi morire assiderato a causa delle temperature rigide. Tutte al momento delle semplici ipotesi, e solo l’esame autoptico darà probabilmente le domande ricercate. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



MATTIA MINGARELLI TROVATO MORTO

Ha un tragico epilogo il giallo della scomparsa di Mattia Mingarelli, il 30enne di Albavilla (Como) di cui si erano perse le tracce dal 7 dicembre. Il suo corpo senza vita è stato trovato in un bosco della Valmalenco nella serata di oggi, lunedì 24 dicembre 2018, come riportato dall’Ansa. Non si conoscono al momento le cause del decesso del 30enne. Sul luogo del ritrovamento carabinieri, polizia e vigili del gioco, ma è atteso anche l’arrivo del magistrato di turno della Procura di Sondrio. Il giovane rappresentante di commercio aveva raggiunto la zona del rifugio Barchi per trascorrere in quell’area il weekend dell’Immacolata, ma da allora si erano perse le sue tracce. A lungo interrogato il gestore del rifugio alpino della zona, ma come persona informata sui fatti: è lui l’ultimo che lo avrebbe visto prima della sparizione senza il suo cane Dante. «La famiglia è stata avvisata dalle forze dell’ordine e stanno andando sul posto», le poche parole del legale dei genitori, Stefania Amato, riportate dal Corriere della Sera.



CADAVERE NEL BOSCO VICINO BAITA

Il cadavere di Mattia Mingarelli sarebbe stato rinvenuto a poche centinaia di metri dalla baita che il giovane aveva preso in affitto per trascorrere una breve vacanza sulla neve in località Barchi, a Chiesa in Valmalenco, e vicino al rifugio posto sotto sequestro, dove era stato visto l’ultima volta prima di sparire nel nulla. Sono ancora frammentarie le notizie sul ritrovamento avvenuto nel tardo pomeriggio di oggi, così come non c’è nessuna informazione al momento sulle cause del decesso. Decine di uomini per giorni avevano battuto i boschi che dalla frazione di San Giuseppe portano fino al lago Palù. Neppure l’impiego di droni, elicotteri e cani molecolari aveva consentito di trovare una traccia del 30enne. Escluso sin da subito l’allontanamento volontario, tra le ipotesi c’è anche quella di un incidente «diverso», come lo aveva definito Claudio Gittardi, il procuratore capo di Sondrio.