John Lennon proibito in chiesa, Maneskin no. Per un sacerdote che ha ancora ben chiaro il valore della liturgia e della fede cattolica, ce ne è pronto un altro che di questi pilastri non sa che farsene. D’altro canto il mondo è bello perché vario. Chi ci rimette però sono i fedeli che si trovano trascinati nella confusione più totale. E’ successo che il parroco di Ello, in provincia di Lecco, abbia vietato al gruppo gospel locale Sol Quair di eseguire in chiesa due brani di John Lennon, forse i più famosi della carriera solista dell’ex Beatle, Xmas (War is over) e Imagine. Il concerto si sarebbe dovuto tenere il giorno dell’Epifania, ma don Matterelli ha detto di no. Giustamente.  Imagine come disse lo stesso John Lennon è “il manifesto del partito comunista” e non ha niente di religioso, anzi è proprio contro la religione ne versi “Immagina che non ci sia religione, né paradiso né inferno”. Versi che andavano bene per un hippie buonista come era l’artista, ma che purtroppo si è avuto l’ardire di cantare anche davanti al papa, in una banale versione fatta da Gianni Morandi al congresso eucaristico di Bologna del 1997. E’ il segnale della superficialità e banalità di parte della Chiesa stessa che accettò di metterla in programma senza capirne l’autentico messaggio o, peggio, facendo un compromesso pensando di far contenti i giovani presenti.



IL NICHILISMO DI LENNON

Imagine non è neanche una canzone pacifista come dicono tutti, ma la canzone del nichilismo più assoluto, celebrazione di un mondo in cui non esiste più alcun valore, alcun punto di riferimento, solo il nulla. Ma tutt’oggi ovunque la si canta come fosse l’inno universale della pace. L’altro caso è accaduto ad Ancona dove un sacerdote definito “rock” ha fatto suonare e cantare durante la messa un brano dei Maneskin, Torna a casa, che lui, dice, parlerebbe di Maria Maddalena e sarebbe molto religioso. Molta è invece la confusione di don Umberto Rotili che nell’omelia ha anche citato e commentato il testo della canzone invece delle sacre letture, dicendosi soddisfatto perché i molti giovani presenti erano contenti. Il sacerdote ha usato la vecchia tecnica tanto cara alla Chiesa di usare l’amo per portare i giovani a messa, perché quello che conta per certi preti è che le chiese siano piene, non la qualità del messaggio che viene comunicato. La morale di queste due storie è che i preti di oggi sembrano sperduti, soli e incapaci di trovare il significato del loro ruolo più autentico. E’ vero che in tante canzoni rock c’è un forte grido religioso, ma non è la liturgia il posto più adatto per parlarne. Pensino i preti a trovare il luogo adatto dove farlo e incontrare veramente i giovani, non abbindolarli con squallidi trucchetti. E riportino invece in chiesa i grandi canti della tradizione musicale della chiesa.

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