La mamma di Abdullah Hassan è riuscita a tenere il bimbo tra le braccia poco prima che morisse. Abdullah, affetto da una grave malattia, era col papà all’ospedale di Oakland, California, con la speranza di curarsi. Quando i medici avevano detto che il bimbo non aveva alcuna speranza di vita, la mamma aveva cercato di raggiungere il figlio ma si era vista rifiutare il permesso a causa del “travel ban”, lo sbarramento voluto da Donald Trump all’entrata negli Stati Uniti da certi paesi, Yemen compreso.
“Mia moglie mi chiama di continuo — aveva detto tra le lacrime Ali Hassan, il padre di Abdullah, qualche giorno fa — vuole baciare e abbracciare nostro figlio per l’ultima volta, non abbiamo più molto tempo, per favore aiutateci a riunire la nostra famiglia”.
La storia aveva commosso e indignato il mondo intero fino a quando, poco fa, il visto era arrivato in via eccezionale: è stato quando il Dipartimento di Stato si era finalmente degnato di concedere un’esenzione al “ban” per rischi umanitari. Appena in tempo perché la mamma potesse tenere compagnia al figlio nelle ultime ore della sua vita.
L’amore ha superato la legge. Laddove la politica aveva posto muri e divieti, l’amore ha consentito di riunire una madre col proprio figlio almeno negli ultimi giorni di vita. Mi torna in mente l’episodio del giudizio di re Salomone raccontato nel primo libro dei Re (1 Re 3, 16-28). Nella storia di quel figlio conteso fra due donne, se Salomone si fosse attenuto alla fredda legge il bimbo si sarebbe dovuto dividere, cioè sarebbe morto. Invece il Re entrò nella situazione reale, si fece carico della verità di quel nodo da sciogliere, e il bimbo si salvò. Nel caso di Abdullah, ciò che era in questione non era la sua vita — purtroppo definitivamente compromessa dall’Hbsl, una rara malattia degenerativa — ma l’umanità dell’incontro con la madre, la dignità del vivere e del morire amati. Questa vicenda ci fa comprendere quanto siano fragili i muri eretti dalla paura, dall’ideologia, dalla volontà di tutelare una parte della società contro l’intero bene comune, quando è forte l’amore: quello che riduce a zero le distanze dei chilometri e delle leggi.
Il ricongiungimento di un padre e di una madre attorno alla vita — anche se terminale — del figlio ci ricorda Betlemme. Ci ricorda che l’amore cocciuto, paziente, che insiste nel cercare la vera giustizia anche quando essa è contro la legge, sconfigge la morte e le corazze della politica. Riesce a farci riscoprire che il senso di tutto, il senso delle nostre istituzioni sociali e politiche riposa tra le braccia di una madre che culla il proprio bambino.