La vicenda di Domenico Lucano, detto Mimmo, è paradigmatica sia dell’Italia che, più in generale, dei tempi moderni del mondo occidentale.

Il signor Lucano, sindaco del comune di Locri, è assurto agli onori delle cronache da quando nel lontano 1998 un barcone di immigrati sbarcò nel suo comune. Egli decise di proporre un modello di integrazione alternativo a quello dei Cie e dei Cara, legati a suo dire a logiche emergenziali, per fare da apripista al sistema dello Sprar, interventi a livello locale e legati a una logica di ricerca dell’integrazione.



Con il passare degli anni la storia dell’azione politica e amministrativa del sindaco in tema di immigrazione nel comune di Riace ha ispirato un fortunato sceneggiato televisivo, ha fatto versare fiumi d’inchiostro in Italia e all’estero, tanto da essere inserito dalla rivista Fortune nel 2016 tra le 50 personalità più influenti del mondo.



E sin qui sembrerebbe uno storytelling tutto rose e fiori. Ma, come spesso accade nella vita vera, ogni medaglia, oltre al suo dritto, ha anche il suo rovescio, che nella fattispecie si manifesta nell’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in quanto il sindaco avrebbe deliberatamente violato la normativa vigente in tema di immigrazione, combinando matrimoni misti tra immigrati e cittadini italiani del comune di Riace.

Ed ecco che, come nella più scontata commedia all’italiana, l’opinione pubblica si divide in due frange dal tifo contrapposto, come moderni guelfi e ghibellini 2.0 e si creano due fazioni: una pro-sindaco, innocentista, a favore del proscioglimento dalle accuse; l’altra contro, colpevolista, favorevole a perseguire colui che ha deliberatamente e sfacciatamente violato la legge in materia.

Si schierano soprattutto le “persone che contano”, quelle della televisione, dello star system, della comunicazione, dello spettacolo, che perlopiù sono nel fronte dei “pro”, mentre nel fronte del “contro” è più la gente comune, non vip, il popolo minuto, e qualche sparuto comunicatore e intellettuale. Le ragioni addotte dal fronte del “pro” poggiano su presupposti legati ai risultati conseguiti dal sindaco Lucano in tema di immigrazione, alla bontà del suo approccio all’integrazione, a una visione sociale positiva del fenomeno immigratorio tout court, infine alla convinzione della dannosità della legge sull’immigrazione. Le ragioni addotte dal fronte “contro” poggiano su presupposti legati alla minaccia sociale del fenomeno immigratorio, all’impossibilità di riuscire a integrare l’enorme massa dei migranti, a un rischio sociale nel medio-lungo periodo, infine al fatto che un sindaco ha il dovere di rispettare la Costituzione e le leggi italiane.

Entrambi gli schieramenti hanno buone ragioni per portare acqua al proprio mulino, e lo dichiaro non per una predisposizione “pilatesca” a lavarmene le mani, bensì avendo un approccio “libertario” nel solco di Henry David Thoreau, meraviglioso autore americano dell’Ottocento, che tra i tanti scritti lasciati ci ha deliziato con il mirabile saggio Disobbedienza civile, unito a un altro autore libertario dell’Ottocento, questa volta francese, Frederic Bastiat, che scrisse l’altrettanto memorabile saggio La legge.

In breve, Thoreau nel suo saggio diede dignità ed esaltazione alla disobbedienza civile, intesa come azione non violenta atta a violare una legge, una qualsiasi disposizione di un’autorità pubblica se, secondo la propria coscienza, questa può essere perniciosa per il diritto naturale alla vita, all’esistenza dell’individuo. Questo scritto, inutile dirlo, ha stimolato e tracciato la strada a due eroi contemporanei, eccezionali simboli dell’azione non violenta, quali Gandhi e Martin Luther King.

Bastiat, invece, scrisse nel suo saggio come anche tramite la legge sia possibile codificare nefandezze, disciplinare violenze, allo scopo di deresponsabilizzare le persone addette all’ingranaggio della macchina burocratica dello Stato, allo scopo di perseguire i risultati attesi. E qui l’esempio più calzante è certamente quello del periodo nazista, dove per legge si sono compiute atrocità incredibili e impensabili, deresponsabilizzando i soggetti operanti in quanto consapevoli di “eseguire gli ordini” e “rispettare la legge”.

Partendo dal presupposto che ogni normativa, per il fatto di essere tale, è coercitiva, ora dovremmo chiederci se effettivamente la legge in questione in tema di immigrazione sia in violazione dei diritti umani, se sia considerabile come un atto di violenza contro la dignità e la libertà umana dei migranti. A ciò si aggiunga la considerazione che un sindaco, all’atto della sua proclamazione, giura fedeltà alla Costituzione e alle leggi dello Stato italiano, pertanto violarle anche inconsapevolmente presuppone il compimento di un reato.

Pro e contro, innocentisti e colpevolisti, guelfi e ghibellini: la storia in Italia si ripete sempre, su tutto è uno schierarsi da una parte o dall’altra, senza mediazione, senza sintesi, tutto o niente.

Comunque la si pensi quello che mi disorienta è che una volta la violazione consapevole di una legge, secondo l’approccio non-violento della disobbedienza civile di Thoreau, portava l’esecutore ad accettare di patire la pena del suo agire. Quando Thoreau si rifiutò di pagare la tassa al Governo federale americano per poter sostenere le spese di guerra contro il Messico, venne tratto in carcere e consapevolmente vi rimase, ne uscì presto solo perché qualcun altro, a sua insaputa e contro la sua volontà, pagò la cauzione per lui. E che dire di Gandhi, sottoposto a più riprese e consapevolmente a pestaggi da parte delle forze di polizia e tratto nelle carceri. Per finire con l’ultimo esempio eclatante di Martin Luther King, che ha pagato con la vita la sua azione non-violenta contro la discriminazione razziale e contro il dualismo bianchi-neri negli Usa.

Ora, invece, il sindaco Lucano diventa un’icona da esibire in piazza, ospite nei talk televisivi, interviste sui giornali; ciò che potrebbe anche essere considerata una lecita violazione della legge in nome di una più alta disobbedienza non-violenta, anziché portare a patire la giusta (a norma di legge s’intende) pena per la violazione consapevolmente prodotta, accettandola in nome del rispetto dei propri valori umani e secondo la propria coscienza, tutto diventa icona, simbolo, in una parola, “pop”.

Thoreau, Gandhi e Martin Luther King sono stati martiri prima ancora della loro morte, per la loro coerenza e il loro sacrificio sull’altare dell’agire non-violento contro leggi che per loro cozzavano contro il rispetto dei propri valori e della propria coscienza; la vicenda di Mimmo Lucano, invece, ci trasporta al fine di tutto in un’atmosfera iconica, pop, dove mancano soltanto t-shirt, murales e canzone rap a tema, il tutto naturalmente a favore di telecamera.

Comunque la si pensi, anche questa è una vicenda che è scivolata tra le righe della sceneggiatura della commedia all’italiana.