Claudio Pinti verrà processo con rito abbreviato ad Ancona per le accuse di lesioni gravissime e omicidio volontario. Il 36enne autotrasportatore di Montecarotto, sieropositivo da 11 anni accusato di aver contagiato consapevolmente l’ex moglie Giovanna Gorini e l’ex fidanzata Romina, dovrà presentarsi il 17 gennaio davanti al gup Paola Moscaroli, che ha accolto la richiesta della difesa. L’allora compagna del presunto untore di Hiv è morta nel 2017 per patologia tumorale connessa al virus. La 40enne sarà parte civile nel giudizio insieme ad alcuni suoi congiunti, così come i familiari dell’ex moglie di Claudio Pinti, compresa la figlia avuta da un’altra relazione. Il 35enne e l’ex fidanzata, che dopo aver scoperto di essere sieropositiva lo aveva denunciato alla polizia, erano entrambi in aula oggi, ma i loro sguardi non si sono neppure incrociati. «Penso che lui non abbia avuto coraggio perché poteva benissimo dimostrare le sue tesi di negazionismo e invece non l’ha fatto. Va bene così», ha dichiarato l’ex fidanzata di Pinti, come riportato da AnconaToday, in riferimento alla scelta di un rito alternativo a quello ordinario. Proprio l’ex fidanzata di Claudio Pinti aveva fatto esplodere il caso denunciandolo alla Polizia di Ancona dopo aver scoperto che era affetto dal virus dell’Hiv.



RICHIESTE DI RISARCIMENTO DANNI PER OLTRE 7 MILIONI

Le famiglie delle vittime si sono costituite parte civile rivendicando un risarcimento per i danni causati dal calvario della malattia. L’ex fidanzata Romina si è presentata parte civile con padre, madre e figlio – avuto da un’altra relazione – chiedendo 2 milioni più 500mila euro ciascuno. Quella dell’ex moglie chiede un milione a testa ed è composta da padre, madre, sorella e figlia, nata proprio dal matrimonio tra Claudio Pinti e l’ex moglie deceduta. Tra provvisionale e richieste di risarcimento danni chiedono oltre 7 milioni di euro. «Lungi da noi tentare di dimostrare tesi negazioniste sull’Hiv, ma secondo noi le due accuse sono completamente scollegate l’una dall’altra», hanno dichiarato i difensori, gli avvocati Andrea Tassi e Alessandra Tatò. «Sia per la tempistica dei presunti contagi, sia a livello probatorio, sono due fattispecie di reati completamente diverse. E questo avrebbe consentito scelte processuali diverse. Noi avevamo avanzato eccezioni sulla richiesta di rinvio a giudizio ma sono state respinte», hanno aggiunto i legali di Claudio Pinti. La difesa aveva chiesto infatti la scissione in due processi: uno con rito abbreviato per l’accusa di lesioni e quello ordinario per l’omicidio. La richiesta è stata rigettata dal gup Paola Moscaroli.

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