Quando imbocchi la Salaria, l’antica via del sale che porta a Rieti, dimentichi in fretta Roma e il suo caos: cominci a riconoscere le stagioni, a intravedere e sentire l’aria delle montagne. Non è una via turistica, ma via percorsa da lavoratori: solo la domenica capisci dall’andamento lento che le famiglie vanno a pranzo dai parenti, o nelle trattorie locali, che finalmente si riempiono di avventori.



L’abbiamo attraversata tutti, la Salaria, noi che abbiamo cercato di raggiungere Amatrice, per vedere le ferite del terremoto. Abbiamo visto passare i convogli militari, e dei tanti volontari che andavano ad aiutare le comunità devastate e i loro cuori.

Km 39, quasi all’inizio, eppure a metà strada da Rieti. Quasi Roma, ma un altro mondo, con il cielo pulito e quel che di provincia che ti fa sentire a casa. Il fiume, poco più che torrente, scorre ancora limpido, e riesci perfino a immaginare com’era quella terra quando l’attraversò san Francesco, e i pellegrini che cercavano la Città Eterna. Era terribile vederlo nero, denso di fumo grasso e scuro, quel cielo, dopo l’esplosione che ha sconvolto la via e i borghi vicini. Un distributore di benzina, un’autocisterna che fa rifornimento, un incendio. Un vigile del fuoco non in servizio passa, dà l’allarme. Arrivano subito a domare le fiamme, gli eroi quotidiani, le nostre sentinelle davvero vigili e generose. Un boato, e tanti lì vicino hanno pensato a un nuovo scossone di terremoto. Non è terra di stragi, il reatino, per fortuna, o avremmo immaginato Capaci.



La macchina infernale esplode, viene lanciata a metri di distanza, schiaccia le auto, un pompiere e un altro uomo, ignaro, chissà se aveva preso il caffè dopo pranzo, chi lo aspettava a casa. E tanti, troppi feriti, trasportati tra le urla e le lacrime dei parenti soccorsi in tutti gli ospedali del Lazio.

Dicono che purifica, il fuoco. Divora la carne, la felicità, non dà pace. Possiamo rassegnarci al silenzio, davanti a una fatalità impensabile? O quelle vittime, quelle vite stravolte potevano essere salvate? Un’autocisterna può e deve per forza muoversi, spostarsi su strade normali, in orari normali? E i controlli dovuti, erano stati fatti? La rabbia e la paura troveranno, ancora un volta tardi, le risposte.



Penso al vescovo che celebrerà i funerali, e dovrà trovare parole per dare conforto, ai perché di chi soffre la tragedia di persone care. All’impotenza dei vigili del fuoco che vivono per salvare, e piangono un amico morto per salvare. Che chiede il buon Dio a noi, quando il male si palesa, e non sappiamo per causa di chi, e per cosa? Gesù Bambino che attendiamo come arriverà, con che speranza?