Pippo Baudo non è stato al centro solamente dell’attentato che distrusse la sua villa di Acireale, vicino a Catania, nel 1991 ma apparve anche tra i nomi di giornalisti e personaggi noti che avevano scelto di attaccare e criticare pubblicamente Cosa Nostra. La notizia, riportata in un articolo di BlogSicilia.it, aveva riportato l’intenzione della mafia di colpire anche il presentatore tv. A rivelarlo è stato il procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci durante una conferenza stampa: “Un commando composto dai fratelli Graviano, da Sinacori e altri componenti delle cosche palermitane e trapanesi era a Roma per colpire non solo Giovanni Falcone, ma anche l’allora ministro Claudio Martelli, oltre a Costanzo, Santoro, Barbato e lo stesso Pippo Baudo, reo di essersi messo in prima fila contro la mafia. I killer, appostati vicino al Ministero della giustizia non erano riusciti ad avvicinarsi a Falcone o Martelli, ma avevano la possibilità di commettere un attentato con l’esplosivo a danno di Maurizio Costanzo. Una seconda squadra, composta da componenti delle famiglie palermitane di San Lorenzo, Noce e Porta Nuova era incaricata di preparare un attentato a Falcone o in autostrada o in via Notarbartolo dove abitava”. A fermare queste intenzioni sanguinose fu Totò Riina che decise di colpire, per primo, Giovanni Falcone, lasciando da parte le altre possibili vittime. (Agg. Alberto Graziola)
QUANDO LA MAFIA DISTRUSSE LA SUA VILLA AD ACIREALE
La mafia voleva uccidere Pippo Baudo. Il celebre conduttore, ospite stasera di Maurizio Costanzo ne “L’Intervista”, fece questa confessione tempo fa. «Si trattò di un regolamento di conti mafioso nei miei confronti», raccontò Baudo durante una puntata di “Grand Hotel Chiambretti”. E spiegò le ragioni di quell’attacco: «Avevo fatto una celebrazione del giudice Chinnici a Taormina parlando male della mafia e ci fu questa vendetta. Mi costò cara questa cosa». L’episodio risale al 1991, anno in cui un attentato mafioso distrusse la sua villa di Acireale, vicino a Catania. Fortunatamente il 2 novembre di quell’anno la villa era vuota. Fu fatta saltare in aria con chili di tritolo, ma il conduttore dopo l’attentato decise di ricostruirla per non lasciarsi intimidire dalla mafia. Poi però non ci andò più a vivere e opo qualche anno la vendette. A distanza di tanti anni da quel drammatico episodio ha raccontato la sua disavventura, parlando di un regolamento di conti in stile mafioso.
PIPPO BAUDO E QUEL REGOLAMENTO DI CONTI NEI SUOI CONFRONTI…
Reo di essersi messo in prima fila contro la mafia, Pippo Baudo è uno dei personaggi in vista della società italiana che ha rischiato di essere ucciso da Cosa Nostra. L’attentato al tritolo contro il celebre conduttore è uno di quei gialli siciliani in cui si mischia tutto. Lo dimostra la ricostruzione dell’epoca de La Repubblica. Pippo Baudo era infatti finito già due volte nel mirino mafioso: ricevette due avvertimenti in pochi giorni. Uno con la dinamite, l’altro con la benzina. Due avvisi seguiti da un lungo silenzio, fino alla notte dell’attentato. Il primo segnale risale al 1989, quando qualcuno entrò nella villa di Pippo Baudo per piazzare un candelotto di dinamite tra un’anfora e le palme del giardino. Una piccola esplosione e per fortuna pochi danni. Del resto era solo un avvertimento. Dopo qualche tempo due ragazzi sfondarono la porta di un’altra casa di Pippo Baudo, quella a Militello Val di Catania, versando sul pavimento più di cento litri di benzina. Ma non accesero il fiammifero, perché anche quello doveva essere un avvertimento.