Avrebbe sicuramente avuto l’esperienza per affrontare l’emergenza rifiuti a Roma. Ma Roma non lo ha voluto come candidato sindaco. Guido Bertolaso da quel giorno ha abbandonato la politica attiva, esule in Africa come medico volontario. Capace di far crescere il benessere tra le popolazioni della Sierra Leone. Un benessere che per noi italiani è una quotidianità che non è capace neanche più di provocare stupore. Tornerà in Sierra Leone tra pochi giorni, per consegnare delle ambulanze per il trasporto delle donne incinte dai villaggi all’ospedale. 



Ma Bertolaso è stato osteggiato anche quando ha preso in poche ore la decisione di spostare il G8 dalla Maddalena all’Aquila. La volontà di portare i più potenti del mondo di fronte alle macerie del capoluogo abruzzese distrutto, massacrato dalla scossa di terremoto del 6 aprile 2009. E mentre in pochi mesi, a differenza di quanto accaduto oggi nelle regioni terremotate, era riuscito a dare un tetto sicuro a chi era rimasto senza casa, veniva indagato, messo sotto processo. La sentenza dopo quasi nove anni. I giudici dell’ottava sezione penale di Roma hanno assolto l’ex capo (rimpianto) della Protezione civile dall’accusa di corruzione, nell’ambito del processo alla cricca accusata di aver pilotato gli appalti e le commesse legati al G8 e ai “grandi eventi”. 



La gioia Bertolaso la esprime sul suo profilo Facebook. “Assolto. Assolto perché il fatto non sussiste nonostante la richiesta di prescrizione: questo vale come una doppia assoluzione”. E ringrazia che in questi anni gli è rimasto vicino. “Grazie alla mia famiglia e a chi mi è stato vicino in questi 8 anni. Sono innocente come ho sempre detto. Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. E poi vinci”. Guido Bertolaso fu assolto nel settembre del 2016 dal Tribunale dell’Aquila dall’accusa di omicidio colposo nel processo Grandi Rischi bis in merito al sisma dell’Aquila del 6 aprile 2009.



Bertolaso si era sempre dichiarato innocente e non voleva la prescrizione del processo ma una sentenza, certo della sua definitiva assoluzione. E così è stato. Ma in questi anni su Bertolaso si è detto di tutto e di più, probabilmente anche il declino della Protezione civile, la sua uscita di scena, hanno radici in queste indagini.

E oggi le cronache registrano un’altra indagine che rischia di mettere a repentaglio la carriera politica di un sindaco che tenta di agguantare la presidenza della Regione Lazio. Lui è l’ormai volto noto Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice, che dopo aver offerto la propria candidatura al centrodestra si è visto preferire Stefano Parisi, già sconfitto nella corsa a sindaco di Milano. Pirozzi è stato lasciato solo dai partiti tradizionali ma lui non si è rassegnato e si è candidato contro tutto e tutti, con la sua personale certezza che la gente il 4 marzo premierà la sua caparbietà, la sua volontà di stare in mezzo al popolo, la concretezza di quello che vorrebbe fare. 

Ma Pirozzi oggi, come Bertolaso ieri, si trova in mezzo a vicende giudiziarie. E l’annuncio di conclusione delle indagini è arrivato nella giornata di ieri. A Pirozzi viene contestato di aver consentito, in qualità di sindaco e responsabile della Protezione civile, il rientro in una palazzina dopo il terremoto dell’Aquila del 2009. “Circostanza — si legge nell’atto di chiusura delle indagini preliminari — a lui nota avendo il comune di Amatrice rimborsato a varie strutture ricettive le spese di vitto e alloggio pari a 39mila euro per l’ospitalità concessa fino al luglio 2009 agli abitanti evacuati”. Quella palazzina è crollata con la scossa di terremoto del 24 agosto 2016 causando sette morti. L’edificio di Piazza Sagnotti era stato sgomberato dal precedente sindaco, Carlo Fedeli, il 16 aprile 2009 a causa dei danni riportati per il terremoto dell’Aquila: lesioni al piano terra, fessure ai piani superiori, “spanciamento” della zona seminterrata, dissesto alla struttura di fondazione, danni quindi che ne pregiudicavano l’agibilità. Secondo i magistrati, i lavori di ripristino non sono stati fatti seguendo le norme tecniche di costruzione in zone sismiche. Da qui la colpa di Pirozzi accusato anche di lesioni colpose.

“Noto con stupore che un magistrato che andrà in pensione il 1° marzo ha notificato un avviso di conclusione indagini. Sono colpevole solo di aver assistito alla devastazione di una comunità. Mi pare lampante che qualcuno vuole distruggere un uomo ma non ci riusciranno”. Un fiume in piena Sergio Pirozzi, che arriva a citare Gandhi. “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono”. Proprio le stesse parole scritte nel post di Guido Bertolaso. Un sottile filo rosso che sembra riperpetuare un modo di fare già noto alle cronache italiane. “Vogliono abbattere un simbolo, ma i simboli finché sono sostenuti dalla gente non si abbattono”, ha commentato ancora il sindaco terremotato. 

Per lui, infatti, bastava posticipare di qualche settimana l’avviso di conclusione indagini, giusto per non inquinare la campagna elettorale con fantasmi che il futuro potrà dire se faranno la stessa fine della sentenza di Bertolaso oppure no. Pirozzi si dichiara innocente, ma questo conta poco, anche un assassino spesso nega di aver commesso l’omicidio. Conta la scelta, sicuramente inopportuna, di entrare a gamba tesa in una campagna elettorale dove il centrodestra vede il consenso assottigliarsi come un moccolo di candela. A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina, come disse tanto tempo fa Pio XI, frase poi ripresa da Giulio Andreotti. Sicuramente tante esperienze di vicende giudiziarie dovrebbero lasciare perplessi anche i magistrati. “L’unica solidarietà che accetto è quella di De Caro, presidente dell’Anci, e di Nardella, sindaco di Firenze — ha concluso ieri Pirozzi —. Chi non ha fatto il sindaco non sa come ci si sente”. 

Ma Pirozzi continua per la sua strada. Convinto nella forza della gente, delle decisioni prese in mezzo alle strade piuttosto che nelle aule giudiziarie.