E’ stato processato e giudicato colpevole, lo scorso settembre, Jean Luca Falchetto, il barista 54enne che secondo l’accusa avrebbe ucciso a coltellate, dopo averla precedentemente stordita con un vaso, la sua ex compagna Alessandra Maffezzoli. La trasmissione Amore Criminale, questa sera ripercorrerà le tappe salienti del giallo fino alla sentenza in primo grado del 20 settembre scorso, quando Falchetto è stato condannato a 15 anni di carcere. La sua difesa aveva chiesto una perizia sull’uomo che però ha confermato la sua piena capacità di intendere e di volere anche se la difesa si è quindi concentrata su un disturbo psichiatrico avuto dal proprio assistito prima del delitto di Pastrengo. Il fatto che l’uomo fosse stato in passato ricoverato più volte in psichiatria potrebbe aver avuto delle conseguenze anche sulla decisione finale del giudice che, come spiega Verona Sera, alcune associazioni che si battono contro la violenza di genere, Telefono Rosa e Isolina hanno ritenuto inadeguata. La condanna è stata infatti definita fin troppo lieve rispetto al reato gravissimo commesso. Come andrà il secondo grado? (Aggiornamento di Emanuela Longo)
L’OMICIDIO DI PASTRENGO AL CENTRO DI AMORE CRIMINALE
La storia di Alessandra Maffezzoli e di Jean Luca Falchetto sarà al centro della nuova docufiction realizzata da Amore Criminale e nella quale sarà raccontato l’ennesimo terribile caso di femminicidio. Lei, 46enne maestra elementare residente a Pastrengo, in provincia di Verona, lui barista 53enne di Caprino Veronese. Vittima e carnefice: sono loro i protagonisti dell’incredibile pagina di cronaca nera scritta nel giugno 2016 e non ancora conclusa, la quale ha rappresentato uno dei delitti più cruenti degli ultimi anni. Alessandra aveva 26 anni quando si ritrovò a dover crescere da sola i suoi due bambini, dopo la fine della relazione con il padre dei suoi figli. Solo nel 2013, a 43 anni, conobbe Jean Luca, innamorandosene follemente e sognando una vita insieme a lui. Quell’uomo però, in poco tempo si dimostrò possessivo e morbosamente geloso e nei tre anni seguenti Alessandra fu spesso vittima di diversi episodi di violenza e stalking, fino a decidere di lasciarlo.
Quello segnò per la maestra l’inizio di un incubo, fatto di atti persecutori, denunce e divieti di avvicinamento. Nonostante le misure restrittive, Jean Luca fece di tutto per riconquistare Alessandra ma dopo l’ennesimo rifiuto da parte dell’ex, l’uomo perse letteralmente la testa uccidendola in modo brutale. L’omicidio, come ricostruisce Corriere del Veneto, avvenne nella casa di Pastrengo in cui la vittima abitava, l’8 giugno 2016. Qui Alessandra fu pugnalata ripetutamente e colpita con un vaso alla testa.
ALESSANDRA MAFFEZZOLI UCCISA DALL’EX COMPAGNO: LA RICOSTRUZIONE
Dopo l’omicidio della sua ex Alessandra Maffezzoli, Jean Luca Falchetto si diede ad una brevissima fuga prima di farsi trovare dai Carabinieri, mentre vagava con fare sospetto nei pressi di un albergo di Castelnuovo, dove pare abbia tentato di suicidarsi gettandosi in un lago. Davanti al magistrato confessò subito il delitto della donna. “La discussione è degenerata e ho perso il lume della ragione per un attimo. È come un interruttore acceso che si è staccato per pochi minuti”, aveva riferito ai militari, prima di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al pm. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri, l’uomo aveva deciso di recarsi nuovamente in casa di Alessandra, con la quale la relazione era finita da circa un anno. La coppia aveva iniziato a discutere animatamente, come confermato anche dai vicini di casa che sentirono le urla allertando il 112, prima che la discussione degenerasse. Al loro arrivo, i Carabinieri trovarono il corpo senza vita della donna nella zona mansarda e, poco distante, nascosta dietro un armadio, l’arma del delitto, ancora insanguinata e con la lama spezzata tale la violenza con la quale Falchetto agì.
L’autopsia stabilì che Alessandra fu uccisa con 7 coltellate al cuore dopo essere stata tramortita con un vaso. Ad un mese dal delitto, l’uomo negò tutto, compresa la sua confessione iniziale. Nell’ambito del processo con rito abbreviato, per il delitto dell’ex compagna la procura aveva chiesto il massimo della pena pari a 30 anni, ma alla fine il gup, nella sentenza dello scorso settembre, ha stabilito una condanna pari a 15 anni e 4 mesi, con l’esclusione dell’aggravante dei futili motivi (un debito contratto dalla vittima e il suo rifiuto a tornare con lui). Quest’ultimo aspetto ha comportato una riduzione della pena. Ora non resta che attendere il secondo grado, anche se la famiglia della vittima ha già annunciato: “La battaglia non finisce qui”.