L’organizzazione mondiale della sanità ha lanciato un nuovo allarme sulla diffusione di germi insensibili agli antibiotici: circa mezzo milione di persone contrae infezioni resistenti ai comuni farmaci. Il motivo è semplice: usandoli troppo, gli antibiotici selezionano i germi che per mutazioni spontanee sono improvvisamente cambiati e diventati forti, cattivi e resistenti: tutti gli altri muoiono, ma i germi resistenti proliferano e bisogna cambiare antibiotico, finché possibile. C’è un motivo di quest’uso eccessivo? Chissà; certo che l’eccesso di antibiotici pare legato ad un proverbio inglese: “Per chi ha un martello, tutto diventa un chiodo”, che in termini microbiologici potremmo tradurre così: “se hai un mal di gola, perché non prendere l’antibiotico?”. Insomma, la facilità di avere a disposizione il farmaco e la pigrizia vuoi dei malati vuoi dei medici, porta alla scorciatoia: prendilo! Quante volte avrete sentito dire o detto: “Nel più ci sta il meno!”, oppure: ” Tanto per essere sicuri”. Ebbene, è una sciocchezza e il diffondersi di germi resistenti ne è la prova.
Ma da dove viene questa sciocchezza? Si chiama “consumismo sanitario”. Il consumismo in economia è la risposta a bisogni fittizi, creati per vendere un prodotto. In questo caso, non si tratta di qualcuno che mercanteggia le medicine, ma della pigrizia di non capire che c’è il momento dei farmaci e quello in cui la medicina ufficiale dice che i farmaci non occorrono. Invece, per sentirsi al sicuro, si cerca l’effetto psicologico rassicurante di una prescrizione, di una pillola, per essere incoraggiati a pensare che il fastidio passerà. Così siamo al paradosso che per certi problemi ci si allontana dai farmaci utili e per altri ci si avvale di farmaci in quel momento inutili (in questo caso gli antibiotici). Antibiotici che non sarebbero inutili se presi al momento giusto e su giusta prescrizione, per una adeguata patologia, ovviamente.
Come spiegano Tara Latimer e colleghi sul Journal of the Royal Academy of Medicine, il consumismo da esaltazione dell’autonomia di scelta del paziente è passato ad un mercanteggiamento della cura, travestendosi da “patient-centred care” (cura incentrata sul paziente), mentre piuttosto appare incentrato su un chiedere, offrire e ottenere piuttosto estraneo alla medicina. La filosofia sottostante la patient-centred care, invece, ha le sue radici in un’etica virtuosa, in “un approccio olistico” scrivono Latimer e colleghi; “esaminare l’interezza della vita del paziente e allargare lo sguardo da un punto puramente biomedico per permettere al curante di comprendere i valori di chi cura, la sua storia di vita, e adattare di conseguenza la sua terapia”. Questo è il futuro.
Per ora, ci accontenteremmo che la medicina uscisse dalla burocrazia, dalla aziendalizzazione, dal rendere i medici “fornitori di un servizio”, gli ospedali delle “aziende” e i malati “clienti”. Con conseguente spreco di materiali e risorse. Ci accontenteremmo.