Da genitore cresciuto, non ho mai avuto rimpianti per essere uscita dal girone delle neo-mamme. Un consesso lastricato di gioie e deliri, in perenne bilico tra consigli personali e isteria collettiva. Tuttavia, ogni tanto mi prende la voglia matta di entrare in un negozio e comprarmi uno di quegli accessori fighissimi che vent’anni fa non erano ancora stati partoriti. Sono gli accessori baby-tech. E mi fanno venire in mente la versione iPhone X di quelle mie vecchie radioline a due canali che funzionavano massimo a tre metri di distanza; e nove volte su dieci ci restituivano i versi del gatto del vicino.
Una volta (si va indietro di un teen-ager) se il figlio la notte teneva sveglio il condominio, si chiamava il padre della creatura e gli si intimava: “Tienilo tu, se lo scarrozzi per il corridoio, vedrai che tra un po’ non avrà più forza per fiatare. E attento a non entrare nella zona parquet con le ruote, mi raccomando”.
Oggi invece esiste un baby monitor targato Amazon che soppianta l’altro genitore (avrà mica a che fare con la famiglia monoparentale? Ma no…). Assiste lui il primo genitore nella cameretta dei bimbi, a far la parte del Grande fratello, o fratellino che sia. L’oggetto è un maggiordomo alto quanto un biberon, capace di dirti la temperatura della stanza, di cantare ninna-nanne, o di videoregistrare il tuo fagottino che performa nel rigurgito di tapioca. Lo voglio! Sì, voglio quel baby monitor; ma lo voglio ora, nella mia casa del 2018.
Insomma: tu lo piazzi nella camera (quella che ha appeso fuori “Do not enter, this room is biohazard”) e gli ordini di videoregistrare i dannati siti in cui sguazza il tuo brufoloso quindicenne. Oppure gli chiedi la purezza dell’aria nei bagni dopo le docce, o meglio: lo sincronizzi per fargli cantare “I will always love you” nel momento in cui il marito la sera apre la porta (e la tua puntata di Gray’s Anatomy in streaming non è ancora conclusa, mancano giusto tre minuti). Ecco a chi serve questo bendiTecnologia.
L’intelligenza tecnologica applicata all’infanzia ha un debole per le videosorveglianze.
Per la legge di mercato, significa che esistono fior di genitori che comprano questa benedetta vigilanza. Per me è un mistero. Io, quando il mio adorato poppante si addormentava — Deo gratias! — socchiudevo la porta della cameretta e pregavo di rivederlo solo dopo otto ore. Un miraggio di tempo per dedicarsi in toto a un film, a una vasca di bagnoschiuma, e — se a disposizione — pure al povero marito. Invece pare che adesso i genitori stiano con gli occhi incollati al monitor che restituisce il video del pupo. Così, nel caso di giorno non lo si fosse guardato a sufficienza. La fantasia al potere.
Forse il successo è dovuto al fatto che gli strumenti oggi sul mercato non solo filmano, ma sono in grado anche di registrare il respiro del neonato e trasformarlo in un diagramma real-time. Un generatore d’angosce e sinusoidi. Piuttosto, oggi un monitor del genere servirebbe all’aperto, per controllare il respiro di un liceale se eventualmente ti fumacchia sul terrazzino.
Nel complesso, sono comunque contenta se qualche neo-genitore trova in questi aggeggi ciò che cerca. Attenzione solo alla controllo-dipendenza. Appena il fanciullo metterà piede fuori casa, per placare l’ansia avranno bisogno di un ben nutrito esercito di droni.