E’ già un caso di malasanità secondo la procura di Roma. In effetti gli elementi ci sono tutti, l’unica giustificazione è lo scarso livello di preparazione di tanti medici e la mancanza di personale adeguato per casi particolarissimi come quelli di questo episodio. Il fatto risale all’aprile del 2017 quando un giovane di 28 anni che soffre di depressione e tendenze autolesionistiche da anni viene accompagnato al policlinico Umberto I dai genitori perché pare stare peggio del solito. Anche qui ci sarà da fare chiarezza: un depresso non si porta a un pronto soccorso qualsiasi, ma in strutture specializzate per questo tipo di malattia. Il medico che lo visita dice ai genitori che non è un caso grave, anche se, a sentire loro, quel giorno il 28enne è ormai in preda ad allucinazioni.
Gli vengono prescritti alcuni esami da fare in ospedale quel giorno e la famiglia si mette ad aspettare: passano tre ore e non arriva nessuno. Il ragazzo sta evidentemente peggio e a un certo punto si alza, va verso la tromba delle scale e si lancia di sotto davanti agli occhi di madre e padre che assistono impotenti. Tutto questo mentre esiste una direttiva del ministero della salute che obbliga in casi come questi una misura di sorveglianza sul malato, per controllare che non faccia quello che ha fatto. Finalmente, un anno dopo la denuncia dei genitori, la procura ha accolto la loro tesi, non è un suicidio e basta, ma omicidio colposo di cui è responsabile il medico: ha sottovalutato il rischio del suicidio comportandosi con troppa superficliatà. Non solo malasanità, ma l’ennesimo caso di familiari che davanti a figli con problemi mentali sono soli, non sanno a chi rivolgersi, non dispongono di mezzi. Tra gli accusati di omicidio colposo ci metteremmo volentieri anche lo stato italiano, che non ha mai avuto una politica seria per questo tipo di malattia.