Capita che i bambini piccoli d’improvviso ti scappino di mano, per quanto tu sia attenta e svelta e loro così piccini e impacciati. Un guizzo, e il pericolo li scruta. E’ successo all’attesa del treno della metropolitana, a Milano, e il piccolo dopo una corsetta di pochi metri si è sporto sul bordo del binario ed è caduto a faccia in giù. C’era gente, non molta, che aspettava: esitazione, impaccio, paura. Poi si vede nel video che riprende la scena un ragazzo, si leva lo zainetto, e salta giù dal gradone. Tira su il bambino, si china ancora, forse per raccogliere il cappellino, o una scarpina, chissà, e infine risale anche lui. Il terrore aumenta, in chi assiste, perché si presagisce la tragedia, che non avviene: una agente della stazione metro, accortasi dell’accaduto, ha prontamente tolto il segnale, evitando che la corsa del bolide stroncasse una, due vite. Ma tutti si sono stupiti del coraggio di un ragazzo, che dopo i ringraziamenti doverosi è sparito a fare le cose sue — compiti, lavoro, fidanzata, amici. E non pensava di diventare un eroe, non immaginava che il sindaco lo cercasse via social, con un appello pubblico, per invitarlo in comune e congratularsi di persona con lui. 



Perché il suo gesto non era così speciale, a ben vedere; spontaneo, rapido, pensato ma di slancio, perché il cuore, non l’istinto, in certi casi muove la mente e il corpo. Un bambino! A rischio della vita! E io? Tu vieni dopo. Prima c’è un bambino. 

La generosità non manca, in questo paese, tra le mille notizie che ci fanno rabbrividire, tra le altre mille che ci fanno arricciare il naso perché non le vorresti sentire. Sono rare le buone notizie, non vanno enfatizzate né usate per dimenticare le cattive, ma tocca sottolinearle, nella loro integrità: per esempio, come non riflettere sul fatto che quel bimbo fosse senegalese, e che il ragazzino suo salvatore non abbia pensato un decimo di secondo a gettarsi in suo soccorso. Forse gli italiani non sono tutti razzisti. E gli agenti di sicurezza non sono tutti fascisti, nemmeno. Così l’indignazione si è espressa oggi sul solito autorevole quotidiano dell’élite migliore del paese — quella giusta, morale, incorrotta, generosa, equa, eccetera. Perché un conto è pontificare, caro Saviano, un altro vivere, e stare a quel che la realtà suscita, liberi da ideologie, che impongono visioni a senso unico, buone a consolidare la propria immagine e perfino, di questi tempi, a spingere la campagna elettorale. 



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