Ormai sembra la “moda” del momento – anche giornalistica, lo ammettiamo (di casi del genere purtroppo è da tempo che succedono, ma solo ora “fanno notizia”) – quella di picchiare un professore per il solo fatto di essere un professore. Non risponde alle nostre esigenze? Si mena. Rimprovera mio figlio? Si mena. Ha uno screzio in classe con un ragazzino? La si mena lo stesso, ma questa volta a Piacenza è stato direttamente lo studente a prendere ripetutamente a botte il braccio e il fianco della professoressa, senza che intervenisse – come nel caso di Foggia ieri – un genitore rissoso e riottoso. Nella scuola media in provincia di Piacenza, negli scorsi giorni (riporta “La Libertà”) una donna è stata portata in ospedale con prognosi di 7 giorni perché un ragazzino di prima media (lo riscriviamo per farvelo capire bene, “prima media”…) ha aggredito e colpito più volte la sua prof. Il ragazzino responsabile dell’aggressione è stato sospeso con obbligo di frequenza e la scuola ha presentato una denuncia per infortunio sul lavoro e una segnalazione ai servizi sociali: non si sanno i motivi dello screzio, il luogo e se vi siano altri studenti coinvolti.
LA DENUNCIA DEL SINDACATO GILDA
Quello che resta è lo sconvolgimento di un ennesimo caso di violenza nella scuola pubblica con il rispetto per l’autorità dell’insegnante che viene sempre più dimenticato fuori dalla classe, o forse neanche mai imparato fino a fondo. «Fatti violenti contro insegnanti di Piacenza, chiediamo di perseguire duramente i responsabili: i genitori rispondano delle azioni dei figli»: così ha parlato Salvatore Pizzo, coordinatore della Gilda degli Insegnanti di Piacenza e Parma. Il caso dello studente “picchiatore” mostra una corresponsabilità fortissima dei genitori, secondo appunto la Gilda, che chiede l’intervento ufficiale «dell’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia-Romagna e l’Avvocatura dello Stato di Bologna ad agire nelle competenti sedi giudiziarie, solitamente lo fanno solo quando si tratta di ‘andare contro gli insegnanti’ mai quando c’è da agire per tutelarli». Il Miur ancora non è intervenuto ma è certo che gli ultimi casi, così evidenti, dovranno far riflettere sia i piani “ufficiali” del ministero in ordine di priorità di educazione (magari meno “lotta alle differenze” e più attenzione a educatori responsabili?) e sia le stesse scuole che dovranno maggiormente impegnarsi in un rapporto il più possibile proficuo tra famiglia e istituzione scolastica.