Sicuramente la sentenza-Cappato diventa un pezzo di storia del diritto italiano, visto che mai un tribunale italiano si era spinto così avanti e si era trovato a decidere sul fine vita. La decisione della Corte d’Assise di Milano, secondo una nota rilasciata dall’associazione Luca Coscioni, molto attiva nel tema del fine vita, rappresenta “un’occasione senza precedenti per superare un reato introdotto nell’epoca fascista” e perché le persone che ne abbiano necessità possano ottenere in maniera perfettamente legale “l’assistenza per morire anche in Italia, senza bisogno di dover andare in Svizzera”. Il fatto che alcuni principi costituzionali vengano messi in discussione per la prima volta, può rappresentare un precedente storico che ora potrà arrivare al punto decisivo nel momento in cui la Corte Costituzionale si pronuncerà. (agg. di Fabio Belli)
“DOVEVO AIUTARE DJ FABO”
I giudici della prima Corte d’Assise di Milano ha scelto la “terza strada” per Marco Cappato, a processo per aver aiutato dj Fabo a morire in Svizzera con il suicidio assistito. La sentenza avrebbe potuto davvero cambiare la storia del diritto al fine vita in questo paese. E invece l’esponente dei Radicali non è stato assolto, ma questa è comunque una bella notizia, perché a pronunciarsi sarà la Corte Costituzionale che valuterà la legittimità costituzionale dell’aiuto al suicidio. Questo vuol dire che in caso di successiva assoluzione andrebbe rivista la giurisprudenza sul tema del fine vita. Per il reato di istigazione, invece, è stato assolto. “Sono molto felice. Era quello che volevamo”, il commento alla sentenza di Valeria Imbrogno, fidanzata di dj Fabo. Alla lettura dell’ordinanza Cappato si è commosso: “Era mio dovere aiutare Fabo”. Mina Welby, invece, ai microfoni di Fuorigioco su Rai Radio 1 ha dichiarato: “Spero che la Corte costituzionale ravvisi la possibilità in una certa situazione in cui si trova una persona come nel caso di dj Fabo di concludere la propria vita. Quasi come un diritto. Spesso è stato detto che non abbiamo diritto a morire. Ma io credo che lo abbiamo. Siamo esseri viventi. E abbiamo il diritto a vivere il morire”. (agg. di Silvana Palazzo)
MOTIVAZIONI SENTENZA: “NON HA INCISO SULLA DECISIONE DI DJ FABO”
Sarà la Consulta a stabilire se Marco Cappato lottò per la dignità di dj Fabo o se commise un reato. Lo ha deciso la Corte d’Assise di Milano, che ha trasmesso gli atti del processo affinché si valuti la legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio. I giudici dopo la pronuncia della sentenza hanno letto le motivazioni, circostanza molto rara in giurisprudenza. Cappato non ha “rafforzando” il proposito di Fabiano Antoniani di suicidarsi. Quest’accusa non è stata ritenuta fondata dalla Corte d’Assise, che ha deciso di assolvere l’esponente dei Radicali perché la condotta “non ha inciso sulla decisione di Antoniani di mettere fine alla sua vita e quindi va assolto dall’accusa di aver rafforzato il suo proposito suicidiario”. La sentenza non ha soddisfatto Marco Cappato, che fino all’ultimo ha sperato in una assoluzione completa. “Sarebbe una pronuncia storica. Aprirebbe la strada per non andare più in Svizzera”, aveva spiegato al Fatto Quotidiano. (agg. di Silvana Palazzo)
MARCO CAPPATO ASSOLTO? LA SENTENZA: ATTI A CONSULTA
Niente assoluzione, ma neppure condanna per Marco Cappato. La questione finisce alla Consulta. Lo ha deciso il tribunale di Milano, secondo cui la materia merita l’analisi della Corte Costituzionale. La Corte d’Assise di Milano ha deciso di trasmettere gli atti alla Consulta, che dovrà valutare la legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio nel processo che vede imputato l’esponente dei Radicali e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni per la morte di Fabiano Antoniani in una clinica svizzera. I pm chiedevano l’assoluzione, in subordine avevano proposto l’eccezione di illegittimità costituzionale. I giudici hanno quindi accolto la richiesta che l’aggiunta Tiziana Siciliano aveva avanzato in seconda battuta. La pronuncia della Corte Costituzionale non inciderà solo sul processo a Marco Cappato: potrebbe anche indicare una strada nella materia del “fine vita” che ha trovato solo una prima risposta da parte della politica con il testamento biologico. La questione pone infatti molti interrogativi etici e giuridici. (agg. di Silvana Palazzo)
MARCO CAPPATO A PROCESSO PER SUICIDIO DJ FABO
Una sentenza incerta, ma destinata a fare storia. È atteso oggi il verdetto del processo a carico di Marco Cappato, finito sul banco degli imputati per aver fornito un “aiuto concreto” a Fabiano Antoniani, conosciuto come dj Fabo. L’esponente radicale e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni è accusato di aiuto al suicidio per il ruolo avuto nel viaggio in svizzera del 40enne milanese, diventato cieco e tetraplegico dopo un grave incidente d’auto e che nel febbraio 2017 ha messo fine alle sue sofferenze in una clinica elvetica. La sentenza non arriverà prima delle 14.30: lo ha comunicato Ilio Mannucci Pacini, presidente della prima Corte d’Assise di Milano a chiusura della breve udienza, prima di riunire la Camera di Consiglio. Oltre a Cappato, assistito dagli avvocati Massimo Rossi e Francesco Di Paola, era presente in aula, come del resto a tutte le udienze, Valeria Imbrogno, fidanzata di Antoniani. Per Cappato i pm avevano già chiesto l’archiviazione, ma fu il gip Luigi Gargiulo il 10 luglio scorso a disporre l’imputazione coatta spiegando che l’esponente radicale avrebbe addirittura “rafforzato” il proposito di suicidio di Dj Fabo. I pm nella requisitoria dello scorso 17 gennaio hanno evidenziato come Cappato non abbia “avuto alcun ruolo nella fase esecutiva del suicidio assistito di Fabiano e non ha nemmeno rafforzato la sua volontà di morire”. In subordine rispetto alla richiesta di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, i pm hanno chiesto l’invio degli atti alla Consulta.
LA BATTAGLIA DI MARCO CAPPATO
Marco Cappato si autodenunciò ai carabinieri di Milano il giorno dopo la morte di dj Fabo. Da lì partì l’indagine che lo vede ora imputato per aiuto al suicidio e per la quale rischia una condanna dai 5 ai 12 anni di carcere. “Piuttosto che essere assolto per un aiuto giudicato irrilevante, mentre è stato determinante, preferirei essere condannato”, ha dichiarato l’esponente radicale nei mesi scorsi. La sua difesa ha chiesto l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” anche perché rappresenterebbe, come spiega l’Associazione Luca Coscioni, “una sentenza storica, che andrebbe a creare un precedente giurisprudenziale perché aprirebbe la strada all’assistenza medica a una morte volontaria senza sofferenze anche nel nostro Paese, senza bisogno di dover andare in Svizzera”. A coordinare la difesa di Cappato è l’avvocato Filomena Gallo, che questa mattina ha commentato: “Il ruolo della Corte di Assise di Milano che dovrà emettere la sentenza stamattina è un ruolo importante; è la prima volta che un tribunale è chiamato a pronunciarsi su un caso come quello della disobbedienza civile”. Gallo, come riportato da Il Giorno, ha aggiunto: “Potrebbe essere assolto alla luce dei principi costituzionali che non erano conosciuti all’epoca della redazione del divieto del codice penale. Creerebbe un precedente importante per tutti i casi che rispecchiano la fattispecie in cui si è trovato dj Fabo, ossia malattia irreversibile che produce gravi sofferenze e piena capacità di intendere e di volere”.