Il Governatore della Toscana è intervenuto questa mattina a commento della maxi operazione della Dda di Firenze sui legami sospetti con la mafia calabrese con “mani” su tantissime aziende sparse per il territorio italiano, e non solo. «L’indagine sulla ‘ndrangheta di oggi e quelle più recenti sulla mafia cinese e sui reati ambientali, rivelano in modo chiaro che anche la nostra regione non è immune dalla presenza della mafia e dei suoi metodi. A poco valgono a questo punto distinzioni e sottigliezze che rischiano di sminuire la portata del problema. Sarebbe illusorio pensare che questa presenza di attività mafiose nella nostra regione, se non estirpata tempestivamente, non possa finire per inquinare il tessuto sociale e persino quello istituzionale», scrive il governatore della Toscana Enrico Rossi su Facebook. Per questo motivo, spiega ancora il membro di LeU, bisogna estendere ancora di più la consapevolezza diffusa di una « lotta senza quartiere alla criminalità organizzata, in modo da essere pronti a riconoscere e vigili e riattivi a denunciare il fenomeno alla magistratura. La Toscana conserva una società civile sana e profondamente ancorata alla legalità e alla democrazia». La politica toscana intende rilanciare gli antidoti per il malcostume della corruzione e delle “istanze mafiose” ad ampio raggio: «Il rapporto annuale sulla criminalità organizzata che abbiamo deciso di comporre ogni anno, alla luce di questi fatti, potrà essere un valido strumento per conoscere e lottare», conclude Enrico Rossi. 



“A FIRENZE AFFARI CON IMPRESE COLLUSE”

Anche La Nazione oggi riporta la notizia dell’operazione denominata “Vello d’Oro” e che ha visto l’impegno di Carabinieri e Guardia di Finanza di Firenze contro la ‘ndrangheta in Toscana. Un blitz in piena regola e che ha portato agli arresti di 14 persone, di cui 11 finite in carcere e tre ai domiciliari per i reati (a vario titolo) di associazione per delinquere, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio e autoriciclaggio, attività finanziaria abusiva, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso. Il procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, al Gr1 ha commentato l’operazione congiunta eseguita nella giornata odierna: “Molti degli affari, e dei soldi della ‘ndrangheta si spostavano in Toscana attraverso imprenditori collusi”. Questi ultimi avrebbero agito comprendo i proventi delle attività criminose con fatture false. In altri casi, invece, gli imprenditori più in difficoltà ottenevano prestiti ad usura dall’organizzazione criminale. “Ed anche questi finivano per essere in qualche modo coperti da quelle stesse fatture”, ha aggiunto il procuratore antimafia. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



BLITZ DDA A FIRENZE E REGGIO CALABRIA

Nuovo maxi blitz della ‘ndrangheta messo a colpo dalla Dda di Firenze e Reggio Calabria: questa mattina sono scattate 41 misure cautelari tra catture, fermi e arresti che verranno poi confermati nelle prossime ore su circa 64 aziende sparse su tutto il territorio italiano con relativi interessi e sedi controllate anche nell’Est Europa, in Slovenia e in Gran Bretagna. Maxi operazione contro l’organizzazione criminale calabrese con in tutto ben 41 arresti complessivi e sequestro milionari fino ad un quantitativo massimo di 100 milioni di euro sommando tutte le operazioni messe a segno dall’antimafia nelle varie aziende controllate. In Toscana, la Dda ha fermato in tutto 14 persone per il quale il gip ha già emesso misura di custodia cautelare: i reati contestati, raggruppati, vanno da associazione per delinquere fino all’estorsione, passando per usura, riciclaggio e autoriciclaggio, attività finanziaria abusiva, trasferimento fraudolento di valori e sequestro di persone, tutti aggravati dal metodo mafioso. In Calabria invece, la Dda reggina ha sequestrato 51 imprese, oltre a beni immobili e disponibilità finanziarie. Anche qui reati contestati moltissimi e molte imprese “bloccate” per sospetti legami con varie cosche della ‘ndrangheta calabrese.



LA FIGURA CENTRALE DELL’IMPRENDITORE SCIMONE

Come spiega Repubblica Firenze, dalle indagini compiute è emersa una rete di aziende impegnate nei settori della grande distribuzione dell’acciaio ma anche nelle costruzioni con appalti pubblici “sospetti”; il tutto è considerato dalla Dda di diretta espressione dei clan dei tre “mandamenti” della ‘ndrina reggina, «i Nirta-Strangio per la zona jonica, gli Araniti per Reggio città, i Piromalli per la fascia tirrenica». Le fonti investigative riportate dal Procuratore Capo Federico Cafiero de Raho spiegano di come tutte le cosche implicate potevano contare su «imprenditori di fiducia che operavano non solo in regione, ma in tutta Italia, soprattutto in Toscana, e all’estero. Aziende di ‘ndrangheta in tutto e per tutto che non hanno incontrato difficoltà alcuna nel relazionarsi con soggetti economici del centro e nord Italia, nonostante il chiaro profilo criminale e l’opacità sulla provenienza dei capitali in ballo», si legge ancora su Repubblica. «Tutto ruota attorno all’imprenditore calabrese Scimone, vero e proprio regista di un sistema incredibilmente complesso di società cartiere che emettevano false fatturazioni che permettevano di ripulire il denaro», spiega il procuratore che analizza l’indagine da un punto di vista anche molto “pratico”. «Sono vere e proprie società lavatrici […] i proventi di lavori, appalti e subappalti illeciti, spesso strappati con la tecnica del “nolo a freddo”, come di grandi speculazioni commerciali sarebbero stati ripuliti e resi utilizzabili grazie ad un complesso sistema di società cartiere, che grazie alle false fatturazioni, davano una patente di liceità al denaro e lo rendevano utilizzabile per ulteriori investimenti».