Mercoledì 21 febbraio si è tenuta a Perugia la celebrazione in suffragio per il 13esimo anniversario della morte del Servo di Dio, Don Luigi Giussani: come in tutte le principali Diocesi del mondo, anche a Perugia è stato l’Arcivescovo a celebrare la Santa Messa. Come riporta AgenSir da alcuni stralci dell’omelia, l’Arcivescovo Metropolita Gualtiero Basseti (nonché Presidente della Cei) ha spiegato ai fedeli presenti in memoria di Don Giussani (morto il 22 febbraio 2005) tutta l’incredibile grandezza che quel prete educatore seppe portare all’interno della Chiesa, tutt’oggi grata per i suoi insegnamenti. «Il segno che ci lascia Gesù è quello dell’amore incondizionato, contraddistinto dal sigillo della croce, caricata sulle spalle, come fardello inevitabile dell’esistenza umana, esperienza faticosa e dolorosa, ma carica di speranza e presupposto della luce e della gioia della Pasqua. Sta a noi convertirci e seguirlo su questa strada certamente non facile», spiegava nella sua omelia il presidente dei Vescovi italiani.



Sulle orme di questo insegnamento, «Don Giussani si è fatto banditore di quel messaggio d’amore che genera vita nuova e non può scaturire se non da un vero, reale, profondo incontro con il Signore risorto». Da ultimo, secondo Bassetti, il prete fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione aveva molto ben compreso che incontrare Cristo significa letteralmente «seguire Cristo e che questo incontro è una strada, un cammino che attraversa anche la “valle oscura”. Ma “gli uomini di Dio” sono disposti ad affrontare la grande città, con le sue perversioni, portando nel cuore quella forza che viene dallo Spirito del Signore», sottolineava a fine omelia l’Arcivescovo Metropolita.



IL RICORDO DEL PAPA

Nel giorno del 13esimo anniversario della morte del Servo di Dio, Don Luigi Giussani, il sito della Fraternità di CL ha deciso di ripubblicare le parole che Papa Francesco disse in Piazza San Pietro lo scorso 7 marzo 2015 in occasione dell’Udienza esclusiva con il Movimento di Comunione e Liberazione. Erano passati dieci anni dalla morte del fondatore quando il Pontefice volle parlare a ciascuno dei ciellini in piazza quel giorno, segnalando il suo personalissimo ricordo di quel genio educatore che fu Don Luigi Giussani. «Sono riconoscente a Don Giussani per varie ragioni. La prima, più personale, è il bene che quest’uomo ha fatto a me e alla mia vita sacerdotale, attraverso la lettura dei suoi libri e dei suoi articoli. L’altra ragione è che il suo pensiero è profondamente umano e giunge fino al più intimo dell’anelito dell’uomo. Voi sapete quanto importante fosse per Don Giussani l’esperienza dell’incontro: incontro non con un’idea, ma con una Persona, con Gesù Cristo. Così lui ha educato alla libertà, guidando all’incontro con Cristo, perché Cristo ci dà la vera libertà». Il fattore dell’incontro è decisivo tanto nel Movimento quanto nella stessa vita della Chiesa: il cristianesimo o si fa carne in un incontro oppure resta una teoria bella ma in ultima analisi vuota.



“Don Giuss”, come veniva chiamato, seppe testimoniare al mondo in continuità con l’insegnamento di Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI dopo, proprio quella centralità dell’incontro con l’altro, anzi con un Altro. «quando, dopo la Risurrezione, Gesù chiede a Pietro: «Mi ami?» (Gv 21,15), e Pietro risponde: «Sì»; quel sì non era l’esito di una forza di volontà, non veniva solo dalla decisione dell’uomo Simone: veniva prima ancora dalla Grazia, era quel “primerear”, quel precedere della Grazia. Questa fu la scoperta decisiva per san Paolo, per sant’Agostino, e tanti altri santi: Gesù Cristo sempre è primo, ci primerea, ci aspetta, Gesù Cristo ci precede sempre; e quando noi arriviamo, Lui stava già aspettando. Lui è come il fiore del mandorlo: è quello che fiorisce per primo, e annuncia la primavera», affermava Papa Francesco nell’udienza in Piazza San Pietro.