Non si può immaginare luogo più freddo del polo nord in inverno. E difatti sull’artico ogni anno a partire dall’autunno, quando si allungano le ombre ed infine il sole scende sotto l’orizzonte, si va formando una vasta calotta di aria gelida.
A causa della maggiore densità dell’aria fredda, la pressione atmosferica diminuisce con la quota più rapidamente di quanto succeda nell’area circostante e si forma così una bassa pressione che assume rotazione ciclonica (antioraria, venti da ovest verso est) che prende il nome di “vortice polare” ed influenza l’inverno meteorologico anche dell’Europa e del Mediterraneo.
Se il vortice polare è forte, l’aria fredda resta confinata alle alte latitudini e sul Mediterraneo prevale clima secco con alte pressioni. Se se il vortice polare è debole, l’aria fredda scende a latitudini più basse e con essa le perturbazioni atlantiche con inverno più umido e piovoso (o nevoso).
Vi sono poi situazioni particolari, come quella che si evolve in questo mese di febbraio, in cui il vortice polare si frammenta e ondate di gelo possono raggiungere latitudini inusuali.
La ragione è da ricercare nel comportamento sorprendente della stratosfera.
La stratosfera è quella parte di atmosfera, cento volte più rarefatta dell’aria che respiriamo al livello del mare, che si estende oltre i 15 km di altezza e fino a 50 km ed è caratterizzata da un leggero aumento della temperatura con la quota, dovuto all’assorbimento della radiazione ultravioletta solare da parte del gas ozono.
Anche nella stratosfera in inverno si forma un gelido vortice polare, ma possono avvenirvi dei repentini riscaldamenti, probabilmente amplificati dall’interazione con l’attività solare. Per misurare l’ampiezza di questi eventi, si prende come riferimento la temperatura alla quota a cui la pressione atmosferica è ridotta a 10 hPa (la pressione media al livello del mare è di 1013 hPa) che si trova a circa 31 km di altezza. Se il riscaldamento alla quota di 10 hPa è superiore a 30°C si annuncia uno “stratwarming” e il riscaldamento è così elevato che può trasformare la circolazione ciclonica in anticiclonica.
Dopo circa 10-20 giorni questo riscaldamento con rotazione anticiclonica può trasmettersi anche alle quote inferiori con formazione di alte pressioni al suolo che dividono il vortice polare. Le sue regioni periferiche vengono spinte verso le medie latitudini con irruzioni di aria gelida che fluiscono di moto retrogrado da Est verso Ovest, cioè nel nostro caso dalla Russia verso l’Europa.
Non è uno scenario che segue sempre uno stratwarming ma sembra che questa fine di febbraio ripeterà il copione di altre ondate di gelo come quella del gennaio 1985, del febbraio 2012 oppure del febbraio 1956.
Lo stratwarming è culminato in stratosfera quest’anno verso il 15 febbraio e al polo nord si registrano già temperature eccezionalmente miti, fino a 20°C al di sopra delle medie stagionali. Per contro il freddo vento Buran, che normalmente tormenta le steppe ad ovest degli Urali, porterà il suo soffio gelido entro la pianura padana a partire da oggi. Lunedì e martedì saranno probabilmente le giornate più fredde con massime inferiori a zero gradi e minime tra -5 e -10°C.
Mentre qui tornerà l’inverno, temperature quasi estive si registreranno in Islanda e sulle isole Svalbard, bizzarrie temporanee che ci mostrano però di quali stravolgimenti è capace la nostra atmosfera quando cause naturali o antropiche la sospingono troppo al di fuori del suo equilibrio abituale.
(Paolo Valisa)