Si chiama Aurora Leoni, ha oggi 19 anni e ha un figlio di 7: siccome ci fidiamo della vostra bravura in matematica, non sarà difficile capire il quid di questo articolo. Grazie all’Arcidiocesi di Udine che ha scelto Aurora come testimone per la Giornata per la vita (che si tiene domenica 4 febbraio in tutta Italia, organizzata dalla Cei) e grazie a Lucia Bellaspiga che su Avvenire ha raccolto la testimonianza incredibile di questa ragazzina dalle “due anime”. Madre e adolescente: Aurora è entrambe le cose, pesa di certo ma non toglie nulla della bellezza di quello che ha incontrato nella sua vita. Si chiama Stefano e quando si accorsero di lui la prima volta era alto 7 centimetri: «Per settimane non ci accorgemmo che ero incinta, perché al primo mese ebbi ugualmente il ciclo. così io e nonna Valentina lo scoprimmo con un mese di ritardo. Vivevo con lei da sempre, perché mia mamma se n’era andata quando avevo un anno e mio padre non l’ho mai conosciuto, per questo ero sotto i servizi sociali di Forlì e ovviamente ci rivolgemmo a loro: avevo 12 anni, ero una bambina e aspettavo un figlio». Il padre 14enne del bimbo si accodò, forse per paura, al mondo che spingeva con calma e dovizia di spiegazioni alla scelta più logica possibile: l’aborto non era una possibilità, ma l’unica verità possibile per quella situazione. Ma siccome Aurora – e nessuna persona al mondo – sono una “situazione”, qui il destino inizia a giocare d’anticipo e lascia tutti con un palmo di naso: «Se lo tieni cosa dirà la gente? Anche i giornali ne parleranno», dicevano ad Aurora e lei, testarda e con quelle due anime che crescevano in fretta, «Tutto il mondo degli adulti si mosse per ‘aiutarmi’, ma aiutarmi ad abortire, invece quel fagiolino era già mio e io non avevo mai provato la felicità che sentivo da quando lo avevo dentro», spiega ancora Aurora a Lucia cui dobbiamo questo racconto incredibile.



“QUEL BIMBO UN COLPO IN TESTA DAL CIELO”

«Allora ero ribelle e trasgressiva, un colpo di testa dopo l’altro… ma il mio bambino è stato il colpo in testa mandato dal Cielo per salvarmi. Senza di lui oggi sarei sicuramente alla rovina»: sincera la bella 19enne che in maniera rocambolesca è riuscita a “tenere” quel bimbo frutto di un pomeriggio di follia a 12 anni ma anche di una tenerezza infinta del destino. Come? La legge per lei non prevede il diritto di scelta (aveva solo 12 anni in effetti) così in tutta fretta i servizi sociali prenotano le visite al consultorio pubblico e la data per l’aborto viene fissata: ma lì si scopre che il bimbo aveva già tre mesi e mezzo e il limite della legge 194 impedisce l’aborto, se non per problemi particolarmente gravi a livello psichico della madre. Stefano così vive altre ore di terrore con i servizi sociali che portano la sua futura (anzi no, presente!) madre da uno specialista per provare il tutto per tutto dell’aborto in extremis. Niente da fare, il destino “impedisce” anche questo e viene mandata in una comunità per assisterla nella nascita e nei primi anni difficili di genitorialità: finisce al Cav di Forlì, il Centro di Aiuto alla Vita, dove tuttora vive. «Non è facile vivere qui, perché non era casa tua. Ma ho trovato la mia famiglia e la mia seconda mamma, quella che mi è sempre stata vicina e tuttora lo è». Sua madre l’ha abbandonata da piccola eppure lei non ha deciso di odiare la vita che così “di traverso” le stava impedendo un futuro “normale”: aiutata dallo sguardo di chi assiste tutti i giorni giovani donne e uomini alle prese con la più grande sfida del mondo di oggi, dare alla luce una nuova piccola vita, è riuscita a far nascere Stefano. «Se avessi dato retta agli adulti, ok, oggi andrei in discoteca e sarei libera, ma la mia vita sarebbe disperata: allora frequentavo una compagnia poco bella e vedo come sono finiti male gli altri, come sono angosciate le mie amiche che hanno abortito. Quella piccola cosina dentro di me mi ha salvata».



“IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO”

Con questo tema la Giornata per la Vita viene rilanciata anche quest’anno il giorno 4 febbraio: è questo il messaggio dei Vescovi italiani che provano a sottolineare come, in comunione con il Papa e la Chiesa universale, «la gioia che il Vangelo della vita può testimoniare al mondo, è dono di Dio e compito affidato all’uomo». La storia di Aurora come abbiamo visto entra di diritto in questa “vicenda umana” legata a doppio filo con la straordinaria testimonianza di un’amore più grande che può non solo salvare ma rilanciare situazioni che sembravano impossibili. Come un parto a 12 anni: «quando un anno fa a 18 anni ho cominciato a testimoniare volevo dire alle donne la verità. Non è umano ingannarle, si deve dire che abortire significa uccidere tuo figlio. La legge parla chiaro, gli assistenti sociali dovrebbero aiutare la maternità quando è difficile, non farti credere che l’aborto sia una cosa normale». Un aiuto sincero, senza nascondere le oggettive difficoltà – la vita sconvolta, la scuola e i progetti di crescita completamente sballottati, un futuro in arrivo molto presto – ma senza neanche nascondere la verità delle cose: un aborto è un’interruzione di una vita. Come se tra qualche anno al piccolo Stefano gli dicessero, «sai, quando eri un cosino di 7 centimetri nessuno ti voleva. Solo tua madre e un gruppo di “cattolici” un po’ pazzi ti volevano». Ecco, quel bimbo di chi si fiderà nel suo futuro? Del mondo e dell’opinione pubblica “moderata” e “libera”, o di chi gli ha semplicemente voluto bene? Ecco, bravo Stefano: una bella linguaccia è quello che ci vuole. Del resto se il destino è con te, chi mai potrà essere contro di te?