Il “provvedimento di decadenza (o di limitazione) della responsabilità genitoriale”, l’escamotage trovato dal presidente del Tribunale dei minorenni di Reggio Calabria, Roberto Di Bella, per accogliere l’appello di 20 mamme che dal 2012 ad oggi si sono rivolte a lui per sottrarre i propri figli ad un destino che sarebbe stato inevitabilmente segnato dall’influenza della mafia, farà “giurisprudenza”. Lo dimostra la firma di un apposito protocollo firmato tra governo, Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, la Conferenza Episcopale Italiana e il presidente di Libera Don Luigi Ciotti. Proprio uno dei soggetti firmatari, il procuratore De Raho, ha lodato l’iniziativa di queste mamme-coraggio:”E’ un passo molto importante per il cambiamento della Calabria. Il protocollo sarà un esempio anche per la Sicilia, la Campania e la Puglia. Le donne che appartengono a famiglie mafiose possono finalmente contare su una rete in grado di sostenerle e attuare quel trasferimento in un territorio lontano da quello di origine per garantire un futuro migliore ai propri figli. È l’obiettivo che desideravamo da tempo conseguire: dare a chi vuole un’alternativa di vita un’esistenza diversa e migliore. E soprattutto la possibilità di sganciarsi dalle famiglie della ‘ndrangheta dove ancora sono presenti rituali che appartengono ad un periodo arcaico che sembra risalente alla preistoria. Ci sono donne che hanno il desiderio e il coraggio di voler cambiare comprendendo che altre alternative non possono esserci se non quelle di affidarsi a una rete. Vogliono portare fuori i propri figli per non vederli boss, uccisi o in carcere. E soprattutto non vogliono vederli soffrire come i componenti della famiglia che hanno operato nel crimine”. (agg. di Dario D’Angelo)



CALABRIA, IL MAGISTRATO ACCUSATO DI ESSERE “LADRO DI FIGLI”

Una scelta coraggiosa e dolorosa, ma inevitabile per venti mamme calabresi: hanno salvato i loro figli dalle grinfie della mafia sacrificando la loro responsabilità genitoriale. Queste venti mamme-coraggio – mogli, figlie e nipoti di mafiosi – dal 2012 a oggi si sono rivolte al presidente del Tribunale dei Minori di Reggio Calabria per ottenere il provvedimento di decadenza o limitazione della loro responsabilità genitoriale. Il loro disperato appello è stato accolto dal giudice Roberto Di Bella, che però per questo viene chiamato “ladro di figli”. Queste persone però hanno salvato molti giovani da un destino già scritto, essendo nati e cresciuti nelle ‘ndrine. Un gesto estremo per salvare vite rubate dalla mafia. Un atto di coraggio che si è trasformato in un progetto, supportato dalla rete delle diocesi e della Caritas. Così è stato possibile offrire una strada alternativa ad una cinquantina di giovani. «Di questi 5 sono rimasti fuori dalla Calabria a lavorare, gli altri sono tornati, ma solo uno è incappato nella giustizia e non per un reato di mafia», ha raccontato il magistrato ai microfoni della Repubblica.



CALABRIA, COME 20 MAMME HANNO SALVATO I LORO FIGLI DALLA MAFIA

Una scelta d’amore per dare un altro futuro ai loro figli, lontano dalla criminalità. Si spiega così il sacrificio di venti mamme calabresi, che hanno rinunciato alla loro responsabilità genitoriale per salvare i figli dalla mafia. «È il bisogno di ritrovare la libertà, la vita, la dignità rubate dalla mafia che nonostante tutto continua a essere forte», il commento di don Luigi Ciotti, presidente nazionale dell’associazione antimafia Libera, ai microfoni di Tgcom24. Durante la quarta edizione di Contromafie è stato firmato a Roma un protocollo d’intesa tra governo, procuratore nazionale antimafia, Conferenza episcopale italiana e Libera per estendere questa iniziativa a tutta l’Italia. Il Dipartimento per le Pari Opportunità e la Dei hanno stanziato 300mila euro per sostenere le comunità, le case famiglia e gli psicologi coinvolti. Questa è dunque una grande opportunità non solo per la Calabria, ma per tutta l’Italia. «L’associazione con le altre realtà coinvolte vuole offrire nuove opportunità a mamme e figli che hanno avuto la loro vita confiscata dalla mafia», ha spiegato don Ciotti a Tgcom24.

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