Il caso di Roberta Ragusa negli ultimi giorni è nuovamente tornato alla ribalta, non solo in vista del processo d’Appello che vedrà il ritorno in aula di Antonio Logli, il marito della donna misteriosamente scomparsa nel gennaio 2012 e condannato in primo grado a 20 anni di reclusione con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere. A scuotere ancora di più gli animi è stata una lettera anonima giunta alla redazione del programma di RaiTre, Chi l’ha visto?, dal contenuto inquietante. Un messaggio chiaro, quello lasciato da un misterioso mittente, il quale invitava ad indagare su un uomo suicidatosi a Pisa nel 2016 sotto un treno della linea Pisa-Lucca. Cosa avrebbe a che fare questa morte con il mistero di Roberta Ragusa? E’ lo stesso autore della missiva a spiegarlo: a sua detta, l’uomo suicidatosi due anni fa, all’epoca della scomparsa di Roberta lavorava al cimitero di Pisa ed era un ex tossicodipendente con problemi economici. A collegarlo al giallo della donna sarebbe il ritrovamento da parte dei familiari dell’uomo, dopo la sua morte, di un “lingotto nella cassaforte”. Secondo il mittente anonimo, quel lingotto sarebbe da ritenersi una sorta di ricompensa ricevuta dall’assassino di Roberta Ragusa per disfarsi del cadavere dopo il delitto. Torna così ancora una volta una macabra ipotesi in riferimento al modo in cui sarebbe stato distrutto il corpo della vittima. Come spiega Roberta Ragusa sul settimanale DiPiù, la circostanza non solo non avrebbe trovato alcuna conferma ma il contenuto della lettera non avrebbe fornito ulteriori sviluppi.

ROBERTA RAGUSA: ANTONIO LOGLI TORNA IN AULA

Tornando ad Antonio Logli, tra poco più di un mese l’uomo tornerà di fronte ai giudici, questa volta della Corte d’Assise d’Appello, chiamati a pronunciarsi sulla sentenza a 20 anni del primo grado. In merito alla strategia difensiva dell’uomo, secondo la criminologa Roberta Bruzzone, i suoi legali avrebbero finora continuato a sostenere l’indifendibile. Come sappiamo, la difesa in aula aveva continuato a sostenere la tesi dell’allontanamento volontario, sostenendo che la donna potesse essere in giro per l’Italia, bisognosa di aiuto. Un “quadretto discutibile”, come aggiunge la Bruzzone, che però si andrebbe a scontrare con la presunta fuga della vittima, tale da non consentire in oltre sei anni di poter avere notizie sul suo conto. Possibile che per sei lunghi anni, nonostante il suo volto sia entrato con prepotenza nelle case degli italiani, nessuno abbia più visto Roberta? A tal proposito è l’esperienza della Bruzzone a parlare, spiegando come in casi simili, “soltanto la morte è in grado di cancellare ogni traccia di una donna con il profilo vittimologico di Roberta Ragusa: madre, moglie, donna tradita e delusa, ma soprattutto moglie molto ‘scomoda’ per il marito fedifrago sotto il profilo patrimoniale”, spiega la criminologa. Quale sarà a questo punto la prossima mossa della difesa di Logli?