Sono già venti le mamme, figlie, nipoti e mogli di ‘ndranghetisti che, dal 2012 ad oggi, hanno chiesto al Tribunale dei minori di Reggio Calabria di togliere loro la responsabilità genitoriale dei figli — o di limitarla — per evitare che crescano nell’ambiente della ‘ndrangheta. Lo ha raccontato don Luigi Ciotti, il presidente di Libera, spiegando che il movente di queste donne “è il bisogno di ritrovare — per i figli — la libertà, la dignità, la vita rubata dalla mafia”.
E così, in Calabria, la lotta alla ‘ndrangheta passa anche per il sacrificio di madri che appartengono a famiglie malavitose e che rinunciano ai figli affinché essi non debbano crescere respirando i codici della mafia e finendo per convincersi che malavita, sangue, violenza ed omertà siano qualcosa di normale. Queste madri offrono quanto di più prezioso hanno — la loro maternità — affinché questi figli possano davvero essere liberi. Queste madri sono madri perché sono madri due volte. Danno due volte la vita ai loro figli: la prima mettendoli al mondo, la seconda dando loro la possibilità di vivere liberi dalla mafia anche se questo significa essere liberi — cioè privati, nel senso di lontani, distanti, distaccati — dalla propria madre.
Queste madri sono madri per davvero.
E penso alla contrapposizione tra una mafia che si presenta come utero-cupola, come “famiglia”, da cui non si può uscire se non quando si è morti perché quella “famiglia” è una famiglia che reprime ogni libertà rispetto a codici e riti a delinquere tramandati da secoli e queste madri, anche loro con un utero, ma che è grembo vero. Perché veramente proietta verso la luce e verso la vita, utero che “educa”: cioè, etimologicamente “tira fuori”. Perché amare è permettere ai propri figli di diventare ciò che essi sono e non di obbedire a tradizioni e regole non scritte che già predeterminato la loro vita. Vuol dire non solo “mettere al mondo” ma anche prendersi cura di chi si è generato così che questi possa crescere e fiorire. E se tutto ciò significa “lasciarlo andare” anzi tempo, lasciarlo andare quando ancora è piccolo e minore perché è l’unica possibilità di capacitarlo alla libertà, di autorizzarlo a prendere autonomamente in mano la propria vita e le proprie scelte, ebbene, lo si “lascia andare”, dolorosamente. Ma fieramente e dignitosamente. Queste donne sanno che dentro il mondo in cui vivono, la mafia è troppo forte per loro che non contano niente e che non avrebbero la forza di educare i loro.
Queste madri eroiche non devono però essere troppe perché non si può costringere un intero popolo ad essere eroico. Perché non è normale essere eroici. È normale essere normali. Uno Stato che costringe ad essere eroici non è uno stato normale. Applausi quindi a queste madri che sono madri due volte. Ma con la speranza che venga presto il momento in cui di questa eroicità non c’è più bisogno.