Nella maxi operazione che mette un freno ai reati contro la Pubblica Amministrazione, i coinvolti sembrano essere molti di più dei 15 arrestati e degli altri indagati per corruzione, frode fiscale e indagini ufficiali inquinate negli scorsi mesi. Ci sarebbero infatti ben tre sentenze “aggiustate” contestate dai pm della Procura di Roma nei confronti dell’ex presidente di sezione del Consiglio di Stato, Riccardo Virgilio. Come spiega Tg Com24, il magistrato è indagato per corruzione in atti giudiziari ma non è stato arrestato per mancanza di pericolosità: pare però che il giudice oggi in pensione abbia “pilotato” tre sentenze per volgere favorevolmente ai clienti degli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, oggi indagati in concorso assieme al magistrato. Il costo di queste sentenze “comprate” si aggira attorno ai 400 milioni di euro, secondo ovviamente l’accusa della Procura: tutto dovrà essere discusso in sede processuale per capire quali elementi siano reali e quali invece no, per poter garantire alla giustizia chi realmente ha tramato e frodato lo Stato.
COME È NATA L’INDAGINE
L’intera indagine nasce tutto nel 2016 quando Alessandro Ferraro – anche lui tra gli arrestati della retata Gdf di questa mattina – collaboratore dell’avvocato Amara, sporge denuncia alla Procura di Siracusa sostenendo di essere stato vittima di un tentato sequestri. Il magistrato Longo, che già aveva indagato in passato su Ferraro, si aggiudica l’incarico e inizia a svolgere alcune acquisizioni di documenti che gli inquirenti oggi reputano “di dubbia utilità”. In sostanza, «ha ricostruito la vicenda ma ha cercato di portare a conoscenza della società Eni l’esistenza di un procedimento penale nel quale risultava in qualche modo coinvolta», spiega il Fatto Quotidiano. Longo infatti, pare dalle carte, aveva inventato un falso dossier contro Eni su input del legale Amara, avvocato esterno della multinazionale del petrolio italiano. «Longo avrebbe messo su un’indagine, priva di qualunque fondamento, su un presunto e rivelatosi falso piano di destabilizzazione della società del cane a sei zampe e del suo ad Claudio Descalzi. In realtà, per gli inquirenti che hanno arrestato anche Amara e Calafiore, lo scopo sarebbe stato intralciare l’inchiesta milanese sulle presunte tangenti nigeriane in cui l’amministratore delegato era coinvolto», si legge sulle carte riportate dal Fatto.
FAVORI E VACANZE A DUBAI
Un vero e proprio traffico illegale – è il caso di dire – quello interrotto dalla Guardia di Finanza su ordine delle Procure di Roma e Messina con 15 arresti tra giudici e avvocati. Non c’è dubbio che a risaltare maggiormente tra gli arrestati sia la figura di Giancarlo Longo, ex pm della Procura di Siracusa, descritto dai pm come “incline al delitto”. Quella emersa dall’inchiesta è una “mercificazione della funzione giudiziaria” dalla quale Longo otteneva – in cambio di informazioni relative ad altri procedimenti e di inquinamenti delle prove – favori personali di vario genere. Emblematico quanto accaduto quando Longo svolgeva le funzioni di pubblico ministero a Siracusa. Prima del trasferimento su sua richiesta al Tribunale civile di Napoli – il giudice avrebbe messo a disposizione dei clienti degli avvocati Amara e Calafiore, ricevendo in cambio 88mila euro, oltre che vacanze pagate con la famiglia a Dubai e un capodanno a Caserta. (agg. di Dario D’Angelo)
MAGISTRATI E AVVOCATI IN MANETTE
Enorme operazione congiunta della Procura di Roma e di Messina per mettere in manette 15 tra magistrati, avvocati e imprenditori accusatori di corruzione e frode fiscale all’interno di un maxi controllo tra sentenze “comprate” e falsi dossier costruiti per poter spiare inchieste delle Procure e anticipare i propri affari loschi. La Guardia di Finanza questa mattina ha portato a termine la fase investigativa arrestando un cospicuo numero di professionisti, tra cui il magistrato Giancarlo Longo – ex pm di Siracusa – l’avvocato Piero Amara e gli imprenditori Enzo Bigotti (già coinvolto nel caso Consip) e Fabrizio Centofanti (fonte Ansa). I reati contro la pubblica amministrazioni sono stati registrati e investigati negli ultimi mesi fino ai 15 arresti di questa mattina che faranno certamente discutere visto anche la presenza di magistrati accusati di elementi gravissimi: l’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo è per esempio accusato di associazione a delinquere, corruzione e falso. «Il magistrato da qualche mese ha chiesto il trasferimento al tribunale di Napoli e on qualità di pubblico ufficiale svendeva la propria funzione», si legge nella misura di arresto posta a suo carico.
FALSI DOSSIER PER SPIARE LE INCHIESTE
Tra gli indagati anche l’ex presidente di sezione del Consiglio di Stato – Riccardo Virgilio – oggi in pensione, e gli viene contestato di aver corrotto in atti giudiziari in concorso con gli avvocati Amara e Giuseppe Calafiore, come riporta il Corriere della Sera. Non è stato però arrestato perché il gip ha definito assente ogni possibile ragione cautelare: resta l’impianto grave contro la Pa, con lo stesso CorSera che ha spiegato come avvenivano la costruzione di alcuni dossier sospetti nelle Procure di mezza Italia. «Gli arrestati sono accusati di aver messo in piedi un meccanismo che consentiva loro di orientare l’affidamento di alcune gare grazie alle decisioni compiacenti in materia amministrativa», si legge nelle fonti giudiziarie del quotidiano milanese.
In particolare, l’associazione a delinquere è accusata di aver costruito dei completi falsi dossier per poter “spiare” le inchieste di altre procure, ad esempio sul caso tangenti Eni ma anche altre. Particolarmente grave la situazione di Longo, accusato nelle carte del pubblico ufficiale di gravi delittuosità: «ha dimostrato di possedere una personalità incline al delitto, perpetrato attraverso la strumentalizzazione non solo della funzione ricoperta, ma anche dei rapporti personali e professionali». Prosegue poi l’ordinanza, «la gravità delle condotte da lui poste in essere in qualità di pubblico ufficiale che svendeva la propria funzione concorreva alla redazione di atti pubblici ideologicamente falsi, si faceva corruttore di altri pubblici ufficiali, con piena accettazione da parte degli stessi, che venivano per giunta da lui remunerati con soldi pubblici, intratteneva una rete di rapporti dall’origine oscura e privi di apparente ragion di essere».