“Questa vita mortale è, nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri, le sue sofferenze, la sua fatale caducità, un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente, un avvenimento degno d’essere cantato in gaudio e in gloria: la vita, la vita dell’uomo!”. 

Questa riflessione di Paolo VI, che si legge in quel capolavoro di fede e di poesia che è il suo Pensiero alla morte, mi sembra il miglior commento alla notizia del giorno: ovvero l’approvazione, votata dai membri della Congregazione per le cause dei Santi, del riconoscimento del carattere miracoloso di una guarigione operata mercé l’intercessione del beato Giovanni Battista Montini. Con questo atto solenne si apre la via per una prossima canonizzazione di Paolo VI, da taluni preconizzata già per il prossimo ottobre, la cui data sarà però stabilita ufficialmente a suo tempo dal Santo Padre, quando ne darà l’annuncio ai cardinali riuniti in Concistoro. 



In attesa di questo momento, ufficiale e solennissimo, vale comunque la pena di cercare di comprendere più a fondo il valore e la provocazione che un tale avvenimento comporta per la vita della Chiesa e del mondo. Il miracolo, infatti, se da un lato viene atteso e invocato come il segno dell’assenso divino al riconoscimento della santità di una determinata persona, dall’altro conserva sempre un significato profetico nelle sue modalità, che sono lasciate alla totale e sovrana libertà di Dio, di cui diventano espressione. Nel nostro caso, il miracolo è consistito nella guarigione da una patologia che, per la rottura della placenta e la perdita di liquido amniotico, metteva a rischio la gravidanza di una donna della provincia di Verona e la vita della sua seconda figlia. Dopo essersi rivolti al beato Montini, i genitori poterono affrontare il parto prematuro con il quale, il 25 dicembre 2014, vide la luce Amanda Maria Paola, che vive e gode di buona salute nonostante le ovvie complicazioni alla nascita.



In questa vicenda umanamente così toccante e così capace di esprimere nello stesso tempo — per usare le parole di Paolo VI riportate sopra — tutta la “fatale caducità” e il “prodigio sempre originale e commovente”, l'”avvenimento degno di essere cantato in gaudio e in gloria” in cui consiste la vita umana, vediamo l’eco delle parole del Salmo 8: “che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?”. Ma a questa annotazione dobbiamo subito farne seguire un’altra: un simile miracolo attesta inequivocabilmente un altro fatto — del tutto ragionevole ma oggi da molti negato teoricamente e praticamente con il rifiuto della qualifica di essere umano al feto — ovvero la piena umanità (e personalità, con tutta la dignità che ne consegue) anche di una bimba non ancora nata. Sempre il Salmo 8 ci attesta un simile significato profetico, quando recita: “con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli”. 



Ma il modo con cui Dio afferma la Sua potenza e riduce al silenzio “nemici e ribelli” non è se non l’accadere di un fatto — la nascita di una bimba — che supera ogni discussione e dialettica: anche una creatura ancora nel grembo materno è oggetto della misericordia, della cura e della provvidenza divine. E perfino nel giorno della nascita — il 25 dicembre — si attestano insieme la prossimità di Cristo al destino di Amanda Maria Paola e il fatto che l’intervento di Dio nella storia — che ha come punto focale e irriducibile l’Incarnazione del Verbo — non smette di rendersi presente nella forma — “ostinata” e inesauribile — del dono della vita.

Ancora una volta, così come gridava san Paolo davanti ai sapienti greci, “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,25). Sapremo riconoscere e accogliere per noi questo metodo di Dio?