Stefano Ricucci di nuovo nei guai: l’imprenditore è stato arrestato dalla Guardia di Finanza insieme al magistrato Nicola Russo, giudice della Commissione tributaria del Lazio e consigliere di Stato, incarico da cui era stato già sospeso. La Procura di Roma li accusa di corruzione in atti giudiziari. In manette è finito anche Liberato Lo Conte, un altro imprenditore. Per inquirenti e investigatori c’era tra le parti un accordo per l’aggiustamento di una sentenza in cambio di denaro e altre utilità. Stefano Ricucci e Lo Conte sono in carcere, mentre il magistrato è ai domiciliari. Dall’inchiesta è emerso, secondo quanto riportato da Repubblica, che c’era un accordo correttivo tra tutti e tre gli indagati, legato all’emissione di una sentenza “pilotata” nell’ambito di un contenzioso tributario tra Magiste Real Estate Property, riconducibile a Ricucci, e l’Agenzia delle Entrate. Il tutto ruotava attorno al riconoscimento di un credito Iva di oltre 20 milioni di euro vantato dalla società nei confronti dell’Erario.



STEFANO RICUCCI ARRESTATO PER CORRUZIONE: GIUDICE AI DOMICILIARI

Le indagini sono partite dall’operazione che nel luglio 2016 portò in carcere lo stesso Stefano Ricucci e l’imprenditore Mirko Coppola per reati tributari. Dai successivi accertamenti effettuati dagli uomini  del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma è emerso un accordo correttivo tra il giudice Nicola Russo e i due imprenditori in relazione al contenzioso sopracitato. Dai documenti sequestrati un anno e mezzo fa è emerso che il giudice già prima della decisione della Commissione tributaria era legato ai due imprenditori «da vincoli di fiducia – dice il Gip – basati sull’amicizia, comune colleganza di interessi e frequentazione». Russo, secondo gli inquirenti, avrebbe dovuto astenersi per conflitto di interessi, invece fu relatore ed estensore della sentenza d’appello che ribaltò il precedente provvedimento della Commissione tributaria provinciale in favore della Magiste. Il Gip scrive anche che in cambio avrebbe avuto «regalie e disposizioni economiche di favore», come pagamento di cene e serate in hotel, ristoranti e locali notturni romani.

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