«La divulgazione di notizie riguardante i comportamenti scandalosi di alcuni membri del clero di molte diocesi del Mezzogiorno, addolora in maniera grave la nostra comunità diocesana. La consegna del dossier da parte della Curia di Napoli permetterà di prendere visione delle responsabilità e le necessarie iniziative canoniche che la Santa Sede stabilisce in questi casa»: a parlar eè il vescovo della Diocesi di Teggiano-Policastro, mons. Antonio De Luca dopo lo scandalo del dossier sui preti gay diffuso e “sponsorizzato” dal gigolo Francesco Mangiacapra. Lo fa di mestiere, dopo aver abbandonato la professione di avvocato, e si fa pagare per questo anche molto bene: è chiaramente illegale la sua “professione” (si tratta di soldi completamente in nero, ogni tanto occorre ricordarlo) ma da mesi ormai il “marchettaro” (come si faceva chiamare nel suo stesso libro dove svelava i primi scandali nella Chiesa del Sud Italia) cerca ospitate e poltrone tv dove raccontare le sue storie e mostrare le prove di sacerdoti che “sporcano” la tonaca con atteggiamenti ignobili. Oggi sarà di nuovo a Pomeriggio 5 a raccontare dello scandalo preti in Campania, mentre la Curia di Napoli ha fatto sapere che «sarà trasmesso alle competenti autorità ecclesiastiche del Vaticano il dossier che denuncia l’esistenza di una presunta rete di preti gay». Il Cardinal Crescenzio Sepe ha preso atto del faldone di 1300 pagine in cui Mangiacapra denuncia una serie di preti e seminaristi di “gravi atti contro il loro voto di castità sacerdotale”.



LE NUOVE PAROLE DEL GIGOLO

«L’elenco numerico dei nomi diffuso da alcuni organi di stampa sia impreciso, perché ai nomi che effettivamente segnalo in questa sede con relativi allegati vengono ingiustamente aggiunti nomi di altri preti a loro volta menzionati nelle conversazioni allegate. Questo mio file contiene 34 sacerdoti e 6 seminaristi. Preciso che non riscontro nel materiale consegnato casi di pedofilia né alcun profilo di condotta penalmente rilevante: si tratta di peccati, non di reati»: lo h affatto sapere lo stesso Mangiacapra, spiegando che in rete circolano file e dossier falsi, seppur usati con suo nome. L’intento del gigolo è quello di aiutare a smascherare le tonache “sporche” della Chiesa campana, anche se va detto che come metodo da lui stesso utilizzato non sembra tanto “aiutare” la Chiesa quanto contribuire a ritenere una generalizzazione e banalizzazione della vicenda dove le varie Diocesi risultano tutte “conniventi” con i gravi atti denunciati (qui spieghiamo bene il “doppio metodo” del caso-Mangiacapra). «Al di là della competenza e al di là del fatto che, nel documento sbobinato e stampato, lasciato e sottoscritto dall’autore, non figurano nomi riconducibili alla Diocesi diNapoli, resta la gravità dei casi denunciati per i quali,qualora accertati, coloro che hanno sbagliato devono pagare e devono essere aiutati a pentirsi per il male fatto», spiega ancora Sepe in un comunicato diffuso dalla Curia di Napoli.

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