Caro direttore,

come dice mons. Luigi Negri negli ultimi anni in Italia c’è stato un fortissimo attacco  alla famiglia e alla vita, basti pensare all’approvazione della legge sulle unioni civili con tutte le conseguenze che ne deriveranno (utero in affitto, adozioni gay ecc.) e  alla terribile legge  sul testamento biologico e sulle Dat, ma nessuno, sopratutto fra le diverse forze politiche e gli uomini politici (tranne  rarissime  eccezioni) sembra accorgersi.



Non parliamo poi dello stato dell’educazione e della scuola italiana con la proposta ad esempio dell’introduzione dell’educazione gender nelle scuole e l’assenza, salvo pochi casi, di una proposta educativa che offra ai ragazzi  qualcosa di interessante, affascinante per la ricerca del senso della vita e come contributo a rispondere alle grandi domande che ogni ragazzo si pone. Di questa emergenza educativa se ne parla solo nei casi della babygang o del bullismo, poi di nuovo tutto tace.



I dibattiti elettorali televisivi sono squallidi, fatti di accuse reciproche fra le varie forze politiche, che fanno a gara a chi promette di più, non c’è un minimo di autocritica, nessuno affronta la gravissima situazione in cui si trova il nostro paese, sopratutto a livello culturale-educativo e economico-sociale.

Non so che giudizio e che proposte abbiano in mente i nostri amici impegnati in politica, ma io credo che sia venuto il momento di porre all’attenzione la questione fondamentale, la novità che potrebbe cambiare la situazione italiana e il fare politica. Mi riferisco al fatto che molte persone e gruppi di persone sono impegnate con creatività, inventiva, gratuità e sacrificio a rispondere ai bisogni della gente. 



Io penso che una politica nuova, vera, attenta ai bisogni non possa non riconoscere e valorizzare questi tentativi, mettendo finalmente in atto il tanto sbandierato principio di sussidiarietà. Mi viene in mente l’esempio di Portofranco, dove presto la mia attività da  alcuni anni, in cui degli educatori cercano di dare una mano a ragazzi in difficoltà (immigrati, figli di famiglie distrutte, poveri, con problemi di salute ecc.) impegnandosi in un rapporto totalmente gratuito, carico di umanità, alla continua ricerca di dare un senso allo studio dei ragazzi, inventando nuove modalità di apprendimento che partono tutte da una passione per l’umanità di chi si trovano davanti. In alcuni casi queste persone si sono spinte oltre, arrivando a fare delle proposte a livello pubblico. Ad esempio gli educatori di Portofranco di Napoli, quartiere Sanità, difronte al problema delle babygang e dell’abbandono scolastico di tantissimi ragazzi, hanno avanzato la proposta di  un nuovo biennio professionale per concludere la scuola dell’obbligo, che valorizzi la loro esperienza educativa e coinvolga ragazzi e famiglie in difficoltà e le scuole statali del quartiere, costruendo così un nuovo soggetto educativo, diverso da quello istituzionale tradizionale che non riesce più a raggiungere e a coinvolgere una marea di ragazzi che vivono la giornata non facendo nulla  e che spesso finiscono nelle trame della delinquenza.

Che la politica riconosca e valorizzi l’esperienza di questi soggetti educativi e sostenga la loro inventiva e iniziativa educativo-sociale è l’unica possibilità per costruire un paese che si faccia carico prima di tutto del bisogno dei più deboli e dei più sfortunati: bisogno di educazione, bisogno di senso, bisogno di rapporti veri, bisogno di imparare un lavoro. Questo è solo un esempio che si potrebbe estendere a altri campi e settori della vita (immigrati, mamme e famiglie in difficoltà, anziani, disabili, malati terminali ecc.). 

Non si tratta semplicemente del fatto che lo Stato, non riuscendo a soddisfare certi bisogni li appalti a realtà di volontariato, ma che assuma come propria l’attività che queste realtà svolgono, che riconosca il servizio pubblico che svolgono, favorendo una rete e una collaborazione fra questi soggetti, le famiglie, le scuole e altre istituzioni. Mi rendo conto che per attuare questo cambiamento c’è bisogno di una  politica radicalmente nuova e di nuovi attori della politica, altrimenti saremo sempre destinati allo squallore dei dibattiti pre-elettorali e a leggi e interventi, come quelli prima citati, che sempre più distruggono il tessuto umano e sociale del nostro paese (basti pensare alle Dat).

Ma anche la nostra posizione di elettori rispetto alla politica deve cambiare. Dobbiamo rivolgerci ai politici e dire: questi sono i bisogni che incontriamo e questi sono i nostri tentativi per rispondere, noi vi diamo il nostro voto chiedendovi di riconoscere questi bisogni che incontriamo e di valorizzare e sostenere i nostri tentativi, le nostre proposte, approvando leggi e ordinamenti che facilitino lo svolgimento e la diffusione di questi tentativi, realizzando una intesa, una collaborazione, una rete fra realtà politico/istituzionali (ad esempio la scuola) e realtà sociali, educative e culturali (ad esempio Portofranco) che operano in un determinato territorio e grazie alla creatività di persone e gruppi di persone, tenute insieme da una spinta ideale e dalla passione per l’uomo, realizzano un servizio.

 

(Franco Bruschi, Varese)