La storia europea è un gigantesco opificio di nomi, etichette e categorie. Dalla filosofia alla sociologia, passando per la politica e finendo alla scienza, l’uomo europeo e occidentale (una volta c’era una sostanziale equivalenza, oggi non è più così) ha da sempre dato nomi a tutte le cose. Del resto, dalla Bibbia a Machiavelli, che altro si poteva fare? Dare nomi alle cose, va da sé.
Bene, dopo aver snocciolato il Sozialstaat di bismarckiana memoria, il welfare state e qualche altro prontuario terminologico, oggi, l’Europa, nella fattispecie la “virtuosa” Olanda, crea un altro nomen: Drugstaat. La traduzione non richiede un insigne filologo di ceppo sassone: è lo Stato della droga. In che stato si trova lo Stato olandese, tanto per agitare un calembour? Nella droga fino al collo. Non c’è più limite al peggio e al grottesco, che vanno di pari passo. Almeno, non in Europa. Perché?
Al di là del perbenismo tipico della patria dei grandi calciatori di un tempo, e che oggi farebbe provare imbarazzo insopprimibile agli astanti a causa della nascitura sede europea del farmaco, la questione droghe “leggere” da far circolare fino ai piedi delle culle, tanto non c’è problema, viene da lontano, signori e signore. Viene da una truffa ideologica e intellettuale, messa in piedi da una parte della cosiddetta comunità “scientifica” che – a parte Claudio Risé, autore di un grande libro sulla cannabis, in cui dimostra che non esistono le droghe “leggere”, ma solo quelle che ammazzano, nel tempo, e qualche altro resistente – ha fatto proseliti fra psicologi, psichiatri, psicanalisti, perfino medici.
Il delirio degli anni 70 è diventato il protocollo pseudoscientifico dei nuovi sciamani del potere clinico. E qui una rilettura di Foucault sulla “microfisica del potere”, con qualche addentellato al “sorvergliare e punire”, magari di segno opposto a quello foucaultiano, varrebbe la pena di farla: gli sciamani hanno decretato che tutto va bene, madama la marchesa.
Oggi il sindacato di polizia olandese si allerta di brutto e scrive in un rapporto di dieci pagine che, ma guarda un po’, l’assunzione di droghe cosiddette “leggere” innalza il tasso della criminalità (come tutti, dico tutti, gli studi seri, da decenni a questa parte, stanno ripetendo): il caso sociale è pronto. Il perbenismo impone lo scandalo e lo stracciarsi le vesti. Ma chi sono questi “papponi” di pusher che bazzicano perfino i politici e le istituzioni, rispettati e col leggendario Rolex d’oro al polso? Eh no, signora mia, che tempi son questi: se l’invidia è “la carie delle ossa”, secondo la Bibbia, l’ipocrisia è il cancro dell’anima.
Ma tant’è. Il mercatismo un tanto al chilo di natura burocratica vuole così e dunque a che pro punire? Blande le pene ai pusher, ai delinquenti del ramo droghe-“leggere”-e-affini, sempre certi, naturalmente, che i poliziotti sono uomini dabbene. Il che sarà pure vero, ma rimane il fatto che, in Olanda, la gente ci va a fumare l’erba di rara qualità, come si dice fra i drogati dei piani alti, e questo è l’andazzo.
Anni 70, dicevo sopra: dal catechismo olandese allo spinello al potere, passo breve. Ma naturalmente, W l’Europa e “chiedo scusa se vi parlo di maria”, con la minuscola, mi perdoni Gaber, stavolta è la dominatrice dei mercati olandesi e non solo: marijuana.