Michele aveva 17 anni e una voglia di vivere, di essere amato, di essere felice. Come tutti i ragazzi della sua età, ma lui di più, con un candore aggraziato, velato appena da una malinconia che le prove gli avevano donato. Come un regalo aggiunto alla delicatezza di un animo sensibile. Michele non era un figo, caracollava, pare per una disabilità non grave in seguito a una vaccinazione avventata, ma non parliamo di vaccini, non evochiamoli, si tratta di un ambito spinoso che se ha a che fare con questa storia è solo per vie laterali. Perché quella maestra tocca un ragazzo che ama la vita. 



Appunto, e se uno studia all’alberghiero qualcosa vorrà pur dire: si impara a servire, a toccare forme, sapori, profumi, colori, un inno alla natura e alla vita! Invece Michele era solo, di più, umiliato, di più, irriso, emarginato, offeso. Down, gli dicevano, e vai con parole e spintoni, sputi. Bullismo, si chiama oggi, la cafoneria, la criminale esclusione del diverso da te, quando non sai cogliere la bellezza della diversità, quando sei così ottuso da non capire che diverso è chi esclude, chi non usa intelligenza e cuore. Disabile in umanità. 



Michele cercava legami, spiragli per respirare, sognava di diventare uno youtuber famoso, sognava di essere invitato a una festa, di fare lui una bellissima festa, piena di invitati allegri; gli bastava sognare che una tantum qualcuno gli dicesse “ehi, come stai?” senza accontentarsi di una risposta smozzicata e falsa: “bene, grazie”. 

Michele si è ucciso, gettandosi da un ponte. Nessuno gli aveva teso la mano, anche la famiglia, che ora piange e denuncia, aveva sottovalutato, non compreso il suo grido. Non tutte le famiglie hanno le risposte, ma tutte le famiglie possono chiedere aiuto. Michele non ce l’ha fatta a reggere, a veder sbiadire tutti i suoi sogni, lui che aveva imparato a stare in piedi senza cadere a ogni passo, ha fatto il passo per cadere dall’alto, per finire di cadere.



Sembra un’altra storia, ma c’entra eccome: un caro amico, un grand’uomo e testimone di fede ha una splendida moglie e cinque splendidi figli. Il più piccino, appena nato, è down. “Un dono inaspettato – ha detto – un terremoto per le nostre certezze, la fantasia della vita che supera la nostra”. Scrive di essere “privilegiato, scelto, rincoglionito di gioia”. Ecco, ogni uomo ha il diritto di essere amato come questo piccino. Diversamente mandato tra noi come segno, come generatore di speranza e di amore.