“Deposito salme” suona bruttissimo. Eppure si chiama così la sala dell’obitorio del cimitero di Poggioreale. Come un qualunque magazzino. In questo deposito di salme in queste ore c’è una bara solitaria, con sopra una corona di fiori e una scritta su seta viola, il colore della morte: “La sua famiglia”. Del nome di quella famiglia non c’è menzione. Intorno alla bara non c’è nessuno, nessun parente o amico. A un certo punto fanno entrare alcuni fotografi e cameramen della stampa che la riprendono come se fosse un oggetto qualunque. Non che dentro c’è invece il corpo di uomo. Fanno il loro dovere, scattano foto e filmano poi se ne vanno. Il corpo di Luigi Capasso, “il mostro” che ha ucciso le figlie e tentato di eliminare anche la moglie.
Per le strade di Poggioreale ci sono però i manifestini che annunciano il funerale in chiesa, con il saluto dei parenti più stretti. Funerale che invece non ci sarà. All’ultimo momento, secondo quanto si legge, i familiari hanno chiesto di non tenere più le esequie in chiesa e c’è stata solo una benedizione lì, nella sala deposito. Pare che la gente della città non fosse favorevole al rito funebre nella chiesa.
Non è più come una volta, che ai suicidi veniva negato il rito in chiesa e anche la sepoltura nella terra benedetta, “il camposanto” appunto. Questa volta ha deciso “la gente”.
Così quella bara solitaria è rimasta in sala deposito, perché nessuno la vuole vedere. Dentro c’è “un mostro”. Probabilmente è vero, che Luigi Capasso fosse un mostro, o che quantomeno si sia comportato da tale. Uccidere i propri figli. Che orrore. Non si può immaginare un gesto più terribile.
Dove vanno le anime dei mostri? Ci sarà per loro una punizione ancora maggiore di quella decretata dalla gente? Cosa resta di una tragedia come questa? Forse le anime dei mostri vanno in una sala deposito più grande, infinita. Ad aspettare un perdono impossibile qui sulla terra.
Riguardando quelle foto sembra che la bara sia già vuota. Chi era stato deposto dentro è già andato incontro al suo destino ultimo, quello che nessuno ha diritto di indagare. Ma sembra anche di sentire un lamento, che esce da quelle crude foto. Un pianto. Un padre che piange per quel che ha fatto.