La rivincita di Danilo Giuffrida, a cui fu sospesa la patente perché gay: i ministeri della Difesa e dei Trasporti dovranno versargli 100mila euro come risarcimento danni. Il maxi risarcimento è stato deciso dalla Corte d’Appello civile di Palermo, che ha riformato la decisione dei giudici di secondo grado di Catania. Il 10 aprile 2011 era stata ridotta da 100 a 20mila euro il risarcimento. L’iter burocratico fu avviato per la sospensione della patente di guida dopo che alla visita di leva aveva rivelato di essere omosessuale. La Cassazione, su ricorso dell’avvocato Giuseppe Lipera, ha annullato con rinvio la sentenza sull’entità del risarcimento evidenziando «la gravità del comportamento» dei due ministeri visto che «l’identità sessuale è da ascrivere» al «diritto costituzionale inviolabile della persona» quale «essenziale forma di realizzazione della propria personalità». La Suprema Corte ha anche ribadito il diritto di Danilo Giuffrida al risarcimento del danno subito, «essendo stato vittima di “un vero e proprio (oltre che intollerabilmente reiterato) comportamento di omofobia”».



DUE MINISTERI CONDANNATI PER OMOFOBIA: RISARCIMENTO PER DANILO GIUFFRIDA

I ministeri della Difesa e dei Trasporti sono stati condannati per omofobia. Per questo dovranno versare 100mila euro a Danilo Giuffrida, 25enne originario di Catania, come risarcimento danni. Per la Corte d’Appello di Palermo è evidente la «gravità dell’offesa subita peraltro da rappresentanti della Pubblica amministrazione e del pregiudizio di cui è stato vittima Giuffrida». E quindi per il risarcimento del danno è stata ritenuta «equa la somma già stabilita dal giudice di primo grado, pari a 100 mila euro». Per i giudici una somma inferiore «non sarebbe idonea al ristoro dei pregiudizi subiti». I due ministeri sono stati condannati anche a pagare le spese processuali di tutti i giudizi sostenuti da Danilo Giuffrida. Per quest’ultimo non è una vittoria personale, «ma di tutti coloro che ogni giorno sono costretti a sopportare condotte intollerabili che offendono la dignità della persona e dell’individuo». La speranza di Giuffrida è che questa sentenza «sia un monito non soltanto per le amministrazioni, ma per qualsiasi rappresentazione della società in maniera da rendere eguali i diritti della persona e del cittadino, senza subire discriminazioni di nessun tipo».

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