Bottiglia di birra mezzo bevuta in mano, brandita non si sa se per il lancio o per un altro sorso, cappuccio in testa, urla sguaiate rivolte alla polizia schierata davanti a lei: “Vigliacchi, dovete morire, fascisti!”. Dietro a corredo un corteo di estrema sinistra per una manifestazione contro CasaPound, il partito di destra presente nelle liste elettorali. Non si tratta di una rivoluzionaria anni Sessanta, di una guerrigliera cheguevarista, di una trozkista rediviva, o almeno non solo: si tratta di Lavinia Flavia Cassaro, un maestra elementare, in servizio in una scuola alla periferia di Torino, che giovedì 22 febbraio partecipava alla manifestazione mostrando in questo modo la sua furia antifascista.
Ora è indagata dalla Procura di Torino per istigazione a delinquere, oltraggio a pubblico ufficiale e minacce, ed è stata anche sanzionata dall’ufficio scolastico regionale del Piemonte per grave condotta che “contrasta in maniera evidente con i doveri inerenti la funzione educativa e arreca grave pregiudizio alla scuola, agli alunni, alle famiglie e all’immagine stessa della pubblica amministrazione”; così il direttore generale dell’Ufficio, Fabrizio Manca, che ha pure “sospeso l’insegnante dal servizio fino alla conclusione del procedimento sanzionatorio”. La maestra, insomma, rischierebbe il licenziamento.
Sono maestro elementare anch’io, e con maggiore pena sono costretto a commentare negativamente il comportamento di una mia collega. Per cominciare, bisognerebbe ricordarle che un insegnante è un pubblico ufficiale: se da una parte c’è un rispetto istituzionale dovuto, dall’altra c’è un dovere etico, di comportamento, a cui non ci è possibile derogare. Se un pubblico ufficiale usa comportamenti violenti (oltretutto verso altri pubblici ufficiali, come sono i componenti delle forze dell’ordine) è un po’ come se tutta l’istituzione di cui fa parte li usasse: ognuno di noi rappresenta l’istituzione, come si capisce dalle motivazioni che hanno indotto l’ufficio scolastico regionale a sospendere la maestra dal servizio. Inoltre un insegnante ha tra i contenuti didattici l’educazione alla cittadinanza, alla convivenza democratica, al dialogo: viene da chiedersi come svolga il suo ruolo una maestra che nel tempo libero si scaglia contro la polizia, augurando la morte.
Ancora più sconcertanti sono le dichiarazioni successive della Cassaro, che non ha dato tra l’altro alcun segnale di ravvedimento. “È stata una montatura per criminalizzare l’antifascismo, non volevo augurare la morte ai poliziotti ma soltanto al sistema. L’apparato militare, non gli agenti” ha affermato in un’intervista qualche giorno dopo. Intanto queste distinzioni le abbiamo già sentite, e sono pericolose: anche le Br non intendevano uccidere Aldo Moro e gli altri martiri, ma ciò di cui erano simbolo, un sistema di potere: sta di fatto che quei poveretti sono stati ammazzati, e proprio loro. Poi, suvvia, ci sono i filmati e si fa fatica a crederci. Che infine sia una “montatura per criminalizzare l’antifascismo” fa quantomeno sorridere: chi scrive pensa addirittura che la montatura ci sia stato un po’ in senso opposto, con lo spargimento a piene mani, a cui abbiamo assistito, di paura del ritorno del fascismo, fatto da politici a corto di idee in campagna elettorale: e speriamo che la Cassaro non mi tiri la sua bottiglia in testa, o mi auguri la morte se la penso così. Il fatto è che un insegnante dovrebbe avere la cultura e il senso critico per andare un po’ oltre alle sirene con cui si raggira la gente. Un sano realismo è una componente molto utile nell’insegnamento. Ma qui di realismo ce n’è poco; molto ideologismo, invece.
Un’ultima dichiarazione della maestra vorrei commentare: “Il mio licenziamento è una certezza. Così voi tutti vi sentirete più sicuri senza la maestra cattiva e loro avranno una scusa per cacciarmi dal sistema scolastico. Avrete la mia testa e sarete tutti felici e contenti”. A parte il tono stucchevole della vittima che ha il mondo contro, mi sento di rassicurare la collega: non credo che verrà licenziata, pur sperandolo. In questo paese di fascistoni incombenti, poliziotti e carabinieri vengono malmenati tutti i giorni, feriti e uccisi, e non succede praticamente nulla a chi li picchia. Sono loro a dover difendersi dalla giustizia, di solito.
L’Italia è fatta così: guai a nominare fuori dal politically correct gay, stranieri o sionisti, ma a chi innalza uno striscione in onore delle foibe non accade nulla; le immagini della fede cristiana possono essere usate in spot blasfemi e sommerse nell’urina in mostre d’arte e passare come forma di libertà, ma discutere, anche solo in ambito storiografico, sulle riforme positive del fascismo o sulle malefatte dei partigiani fa cadere sulla testa la mannaia dell’accusa di revisionismo; e infine a molti come lei sembra lecito impedire i comizi e l’espressione delle proprie idee a partiti (ammessi alla competizione politica, ricordiamolo, dalle commissioni elettorali istituzionali) con l’accusa eternamente valida e invalidante di fascismo.
Mi dispiace, cara collega, temo che la farà franca, e che il suo progetto di diventare una martire della libertà dovrà essere rimandato a tempi migliori…