Antonio Ingroia, sequestrata la casa di campagna: guai per l’ex pubblico ministero palermitano, con l’abitazione di Calatafimi bloccata per coprire la somma sequestrata di 151 mila euro, con l’avvocato indagato per peculato. Come sottolineato, non è arrivata ancora la replica del diretto interessato, che qualche giorno fa ha pubblicato sui social network un video in cui difendeva la sua posizione. Massimo Bordin ha commentato proprio quell’autodifesa di Ingroia, ritenuta “discutibile” su Il Foglio: “L’autodifesa del dottore Antonio Ingroia a proposito della indagine nei suoi confronti per peculato dalla procura di Palermo inizia con una considerazione a cavallo fra l’improntitudine e la scarsa credibilità. Lamentarsi di aver appreso dai giornali di essere indagato è un rincrescimento che poco si addice a un ex pm. Per di più la notizia dell’indagine riaperta nei suoi confronti era già uscita circa un mese fa, di nuovo c’è solo il provvedimento di sequestro, di cui presumibilmente gli avrà dato notizia la sua banca prima dei giornali”. Passando al merito, Bordin ha aggiunto che “dopo le citazioni di rito dell’incolpevole Pasolini e del suo famoso incipit “Io so”, l’iniziativa giudiziaria viene spiegata come una ritorsione per la indagine sulla famosa trattativa stato-mafia. Qui Ingroia dà il meglio di sé ricorrendo alla sua vena autodistruttiva. Tiene a spiegare che si tratta comunque di una indagine monca, definizione che non suona di buon auspicio alla vigilia della sentenza. La mutilazione, spiega Ingroia, sarebbe stata eseguita attraverso il conflitto di attribuzione avanzato alla Consulta dal presidente Napolitano, bollato come “nemico del popolo””. (Agg. Massimo Balsamo)
“NON SONO IL PRIMO, NE’ L’UNICO”
“Non sono stato il primo e nemmeno il solo a prendere quell’indennità premiale”. Così si difendeva solo alcuni giorni fa Antonio Ingroia dopo essere stato indagato con l’accusa di peculato: l’ex pm palermitano, già leader della formazione politica nota col nome di Rivoluzione Civile e che oggi esercita la professione di avvocato, è tornato oggi sulle prime pagine dei principali siti di informazione dopo che è stato deciso anche il sequestro di una sua casa di campagna a Calatafimi, procedimento resosi necessario perché, a seguito del sequestro preventivo dei suoi bene per circa 151mila euro nei giorni scorsi, i conti correnti di Ingroia non erano più in grado di coprire quella somma. Al momento non è arrivata alcuna replica alla decisione odierna da parte del diretto interessato, ma è probabile che l’ex pm insista ancora sulla tesi presentata in una sua accorata video-difesa, quando ha ricordato di aver denunciato in passato lo sperpero di milioni di euro di soldi pubblici e i giudici, in quel caso (a differenza del suo) non hanno mosso a suo dire un dito. (agg. di R. G. Flore)
INGROIA, SEQUESTRATA LA SUA CASA DI CAMPAGNA
Ancora guai con la giustizia per Antonio Ingroia: il 59enne ex magistrato palermitano si è visto infatti sequestrare la sua casa di campagna a Calatafimi Segesta, in provincia di Palermo, dopo che alcuni giorni fa era arrivata notizia che l’ex leader di Rivoluzione Civile era stato formalmente indagato con l’accusa di peculato. Stando a quanto si apprende, il sequestro dell’immobile dell’ex pm siciliano si è reso necessario dopo che, nei giorni scorsi, il gip su richiesta della Procura aveva disposto il sequestro preventivo di una somma pari a 151mila euro: ora, dopo aver scoperto che sui conti correnti di Ingroia non c’era abbastanza denaro per “coprire” tutti i soldi che erano stati sequestrati alcuni giorni fa, è arrivato in data odierna il provvedimento che, tuttavia, vieta anche a Ingroia di poter vendere eventualmente la stessa casa di campagna al fine di monetizzare. Ora non resta che vedere se ci sarà un nuovo intervento del diretto interessato che, nei giorni scorsi, aveva avuto modo di criticare tramite un video apparso su YouTube decisione della Procura evidenziando ombre sul fatto che l’accusa di peculato a suo carico era arrivata proprio a ridosso delle battute finali del processo sulla cosiddetta “trattativa Stato-Mafia”.
L’INDAGINE PER PECULATO
Il nome di Antonino Ingroia era infatti balzato nuovamente agli “onori” delle cronache quando all’ex magistrato era stato indagato per peculato, dato che secondo i giudici si sarebbe autoliquidato delle indennità di risultato eccessive e anche alcuni rimborsi spese non dovuti all’epoca in cui rivestiva la carica di amministratore unico di Sicilia e Servizi, società a capitale pubblico che si occupava di gestire i servizi informatici della stessa Regione. Le contestazioni mosse a Ingroia facevano riferimento, in particolare, all’estate del 2014 quando l’ex leader di Rivoluzione Civile si era autoliquidato una somma pari a circa 117mila euro quale indennità, peraltro sproporzionata rispetto ali utili realizzati dalla stessa società: autoliquidazione indebita che aveva di fatto abbattuto l’utile di esercizio, violando la normativa nazionale in merito, e che si aggiunge ai circa 34mila euro di rimborsi per spese di viaggio, anch’essi indebiti. Ecco dunque che la somma sequestrata da parte della Guardia di Finanza arrivata ai 151mila euro di cui sopra. Va inoltre ricordato che nella vicenda è coinvolto anche Antonio Chisari, alla data dei fatti contestati revisore contabile di Sicilia e Servizi e anche lui indagato per peculato.