Ad ogni modo, come si legge su diverse fonti di stampa, l’attività da “spin doctor” di mons. Viganò aveva già fatto discutere, a partire da quella immagine, che a molti aveva ricordato la “Dolce Vita” Felliniana, della partenza in elicottero bianco organizzata per Papa Benedetto XVI al momento di lasciare il Vaticano. E colpì molto una dichiarazione di Viganò che raccontò come la scelta di far compiere due giri d’elicottero attorno alla Cupola di San Pietro fosse stata studiata in realtà a tavolino per replicare l’ambientazione del film. Mons. Viganò era sempre stato particolarmente attento ad ogni aspetto della comunicazione in Vaticano, ma questa decisione di omettere alcuni passi della lettera di Benedetto XVi ha portato alcuni giornalisti a fabbricare per lui l’etichetta di “creatore di fake news”, forse eccessiva, ma che rende bene la portata mediatica del caso, destinato a far parlare anche nei prossimi giorni. (agg. di Fabio Belli)
RIFORMA MEDIA KO PER IL CASO BENEDETTO XVI
Ora, provando a fare un attimo di repulisti delle tante reazioni dovute alle dimissioni di Viganò, ci preme una considerazione: leggere – come alcuni stanno scrivendo in queste ore – che la responsabilità sulla fine della riforma media voluta da Papa Francesco ricada sul «puntiglio di Benedetto XVI», ci sembra oggettivamente troppo. Alcuni vaticanisti e commentatori (ad esempio Salvatore Izzo per l’Agi, ma non solo) si stanno soffermando sui motivi che hanno portato alle dimissioni del Prefetto della Segreteria per la Comunicazione: il “caso” della lettera di Ratzinger avrebbe portato dunque alle inevitabili dimissioni per chi non ha gestito al meglio l’intera vicenda, censurando alcune parti della lettera. «Viganò non ha avuto altra possibilità che dimettersi, pagando di persona per un errore comunicativo sul quale molti hanno giocato. In effetti le fusioni tra i media vaticani volute dal Papa ma realizzate da Viganò, che ha demolito alcuni centri di potere, hanno ovviamente scontentato chi gestiva l’assetto precedente. E monsignor Viganò ha probabilmente finito per pagare anche questo»: ecco, ci sembra che quanto scritto da Izzo – valevole commentatore – in questo caso possa non essere completamente condivisibile. Gettare infatti la “responsabilità” su qualcuno che avrebbe remato dietro Viganò sul caso-Benedetto XVI non ci sembra del tutto aderente al vero: l’errore del Prefetto è evidente e davanti agli occhi di tutti, per ben due volte tra l’altro (due infatti sono stati i paragrafi omessi della lettera), ma soprattutto mettere in relazione una lettera-privata del Papa emerito con la riforma generale dei media voluta da Papa Francesco tramite Viganò, non ci pare abbiano un stretto legame come invece tanti stanno sottolineando in queste ore post-dimissioni.
IL COMPITO “FALLITO” DELLA COMUNICAZIONE
Papa Francesco lo aveva scelto per riformare anche la Comunicazione del Vaticano, ma forse il termine “riforma” lo ha preso troppo alla lettera: nel caso della lettera di Benedetto XVI il responsabile della Segreteria per la Comunicazione vaticana si è preso non poche “libertà” arrivando a “correggere” e “tagliare” le parole e le critiche del Papa emerito. Per questo motivo Monsignor Viganò si è dimesso in qualche modo “confermando” indirettamente che cercare di fare qualche riforma a Roma è un terreno alquanto impervio (specie se si commettono errori così palesi come ha rivelato il caso della lettera di Ratzinger sui volumetti teologici di Francesco). «Fare le riforme a Roma è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti», diceva papa Francesco qualche mese fa citando un’espressione di Monsignor Frédéric-François-Xavier De Mérode. Una riforma parte dalla piena consapevolezza del compito arduo e nello stesso tempo bellissimo di servire la Chiesa di Cristo confrontandosi e alle volte scontrandosi con i metodi di una società secolarizzata e dimentica di Dio: quanto avvenuto con la lettera “censurata” ha forse offuscato questo compito di verità e testimonianza di realtà e Mons. Viganò ha sentito opportuno il dover rassegnare le dimissioni, di fatto accettate seppur con dispiacere, dato che l’aveva scelto lui, di Papa Francesco.
MONS. VIGANÒ SI È DIMESSO
Alla fine si è dimesso il Prefetto della Segreteria per la Comunicazione Monsignor Dario Edoardo Viganò dopo i giorni difficili del “caso” montato per la lettera di Benedetto XVI sui volumetti teologici del magistero di Papa Francesco (qui sotto in breve tutte le tappe dell’intricata vicenda, ndr). Quella lettera (scritta in forma privata da Ratzinger) venne letta da Mons. Viganò durante la presentazione della collana di 11 volumetti sulla teologia di Francesco ma scoppiò subito il caso per due paragrafi “omessi” che solo dopo l’intervento di due vaticanisti vennero resi pubblici, solo qualche giorno dopo. Come spiega Vatican Insider, il Papa ha accettato la rinuncia di Viganò nominando tuttavia il prelato come Assessore del Dicastero. Il quale, fino alla nomina del nuovo prefetto, sarà guidato dal segretario monsignor Lucio Adrian Ruiz. Lo ha annunciato il Direttore della Sala Stampa Greg Burke tramite un bollettino in cui ha messo anche la lettera ufficiale di Viganò e la risposta di Bergoglio: «In questi ultimi giorni si sono sollevate molte polemiche circa il mio operato che, al di là delle intenzioni, destabilizza il complesso e grande lavoro di riforma che Lei mi ha affidato nel giugno del 2015 e che vede ora, grazie al contributo di moltissime persone a partire dal personale, compiere il tratto finale». Viganò chiede a Francesco di potersi fare da parte, «che sia occasione feconda di rinnovamento» e per «rinascere dall’alto». «Del resto – sottolinea nella lettera – non è la Chiesa dei ruoli che Lei ci ha insegnato ad amare e a vivere, ma quella del servizio, stile che da sempre ho cercato di vivere».
LA RISPOSTA DI PAPA FRANCESCO
Alle parole di Viganò, che chiede a Francesco di «accogliere il mio desiderio di farmi in disparte rendendomi, se Lei lo desidera, disponibile a collaborare in altre modalità. Nel rispetto delle persone che con me hanno lavorato in questi anni e per evitare che la mia persona possa in qualche modo ritardare, danneggiare o addirittura bloccare quanto già stabilito del Motu Proprio L’attuale contesto comunicativo del 27 giugno 2015, per l’amore alla Chiesa e al Papa», ha replicato una lettera ufficiale di Papa Francesco che accetta le dimissioni non senza fatica. «A seguito dei nostri ultimi incontri – si legge – e dopo aver a lungo riflettuto e attentamente ponderate le motivazioni della sua richiesta a compiere “un passo indietro” nella responsabilità diretta del Dicastero per le comunicazioni, rispetto la sua decisione e accolgo, non senza qualche fatica, le dimissioni da Prefetto», scrive Bergoglio che chiede al prelato di divenire Assessore per il Dicastero e poter dare «contributo umano e professionale al nuovo Prefetto al progetto di riforma voluto dal Consiglio dei Cardinali, da me approvato e regolarmente condiviso». Francesco conclude poi spiegando come Viganò abbia partecipato al grande impegno di riforma della Chiesa in Santa Sede, «con lo stile di disponibile confronto e docilità che ha saputo mostrare tra i collaboratori e con gli organismi della Curia romana, che ha reso evidente come la riforma della Chiesa non sia anzitutto un problema di organigrammi quanto piuttosto l’acquisizione di uno spirito di servizio».
IL CASO DELLA LETTERA DI RATZINGER
Il caso è complesso da ricostruire ma semplice nella prassi: Viganò mesi fa ha chiesto a Ratzinger di poter dare un contributo e un commento all’opera scritta di vari teologici che si sono ispirati al magistero di Francesco. Gli 11 volumetti vengono ricevuti dal Papa Emerito che decide di scrivere una lettera in forma privata agli inizio del 2018. Il giorno della presentazione ufficiale, lo scorso 12 marzo, Mons. Viganò legge pubblicamente la lettera di Ratzinger dove l’ex Cardinale tedesco illustra tutto lo “stolto pregiudizio” di chi ritiene che Papa Francesco non abbia competenza teologica, «e anche di chi ritiene che io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi. I piccoli volumi mostrano, a ragione, che Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica e aiutano perciò a vedere la continuità interiore tra i due pontificati, pur con tutte le differenze di stile e di temperamento». Purtroppo, a questa parte molto bella Mons. Viganò decide di non diffondere (mentre invece aveva letto pubblicamente) il paragrafo dove Benedetto XVI spiegava di non aver avuto il tempo e la possibilità di leggere tutti i volumetti e di non potere dunque dare maggiori indicazioni a riguardo. Viene diffusa quella lettera con la parte “omessa” e photoshoppata, su ammissione dello stesso Dicastero una volta che il vaticanista Sandro Magister aveva sollevato la vicenda a livello pubblico. Ma lo scandalo “censura” non finisce qui visto che qualche giorno dopo emerge che in quella lettera vi era presente un ulteriore paragrafo finale in cui Ratzinger chiedeva lumi circa l’intervento nei volumetti pro-Bergoglio di due autori che per anni avevano osteggiato e condannato i papati di Giovani Paolo II e dello stesso Benedetto XVI:
«Solo a margine vorrei annotare la mia sorpresa per il fatto che tra gli autori figuri anche il professor Hünermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali. Egli partecipò in misura rilevante al rilascio della Kölner Erklarung, che, in relazione all’enciclica Veritatis splendor, attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale. Anche la Europäische Theologengesellschaft, che egli fondò, inizialmente da lui fu pensata come un’organizzazione in opposizione al magistero papale. In seguito, il sentire ecclesiale di molti teologi ha impedito quest’orientamento, rendendo quell’organizzazione un normale strumento d’incontro fra teologi. Sono certo che avrà comprensione per il mio diniego e la saluto cordialmente». Oggi arrivano le dimissioni di Viganò a corredo di questa spiacevole e poco attenta gestione dell’intera vicenda.