Le sue scuse non sono bastate a rassicurare i mercati ed i tanti inserzionisti di Facebook. Mark Zuckerberg, dunque, con le sue parole non ha convinto come sperava ed anche oggi il titolo in Borsa apre con una perdita dell’1,63%. Sono in tanti gli inserzionisti, a partire dalla Gran Bretagna, che avrebbero già minacciato di abbandonare il social in assenza di garanzie e di una svolta decisiva in termini di sicurezza dei dati. A passare direttamente dalle parole ai fatti è stata Mozilla, l’organizzazione che sviluppa Firefox e che da oggi ha deciso di sospendere ufficialmente le campagne pubblicitarie su Facebook. Un duro colpo per il social di Mark. Di contro, Mozilla ha ragionato sulle perdite che anche essa potrà avere, alla luce delle forti potenzialità di advertising ma, riferendosi allo scandalo Cambridge Analytica ha spiegato, come riporta l’Huffingtonpost: “la notizia ci ha spinti a esaminare un po’ più a fondo le attuali impostazioni di privacy predefinite di Facebook, dal momento che supportiamo la piattaforma con il denaro che spendiamo in annunci pubblicitari. Anche se crediamo di dover ancora imparare molto, abbiamo riscontrato che le impostazioni predefinite garantiscono ancora l’accesso a molti dati, in particolare in relazione alle app di terze parti”. Dunque, l’organizzazione senza fini di lucro ha spiegato ancora che solo se e quando Zuckerberg metterà in pratica quanto da lui promesso ieri, allora prenderà in considerazione la possibilità di tornare sui propri passi. La sua azione, intanto, potrebbe essere da esempio a molti altri, a partire dai tanti inserzionisti britannici. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
L’IPOCRISIA DI CHI OGGI SI STUPISCE
Mentre le prime ammissioni pubbliche di colpa da parte di Mark Zuckerberg dopo giorni di silenzio, a seguito della detonazione dello scandalo legato a Cambridge Analytica, vengono rilanciate e dissezionate dai media, molti commentatori si interrogano sul fatto che l’ondata di indignazione contro il fondatore e CEO della più celebre delle piattaforme social arrivano fuori tempo massimo e sono anche caratterizzate da una bella dose di ipocrisia. Non è un caso, infatti, che molti utenti abbiano aperto un profilo Facebook da più di dieci anni e solamente oggi si “sveglino”, ricordando che, prima ancora che utenti, gli iscritti sono dei clienti per chi gestisce il social. Zuckerberg, infatti, si trova a gestire ogni giorno miliardi di dati personali di persone che scelgono liberamente di condividerli e, dunque, cederli sapendo che verranno utilizzati come merce di scambio o come il principale “valore di scambio” dell’epoca che viviamo. Infatti, quando il diretto interessato parla di “aggiornate le nostre policy” quale rimedio per riflettere quelli che sono i “valori della nostra community” quale panacea per tutti i mali che nelle ultime settimane sono venuti a galla, in realtà dice il vero ma probabilmente bisogna intendersi sul significato del termine “valori”. Dunque, in questa sorta di interscambio tra la visibilità globale che Facebook regala democraticamente a chiunque, ricevendo quanto di più prezioso una persona possa restituire (ovvero la propria vita già pronta per essere utilizzata in forma digitale, ovvero i dati personali), non ci si può cominciare a lamentare nel 2018, sull’ondata emozionale di hashtag e campagne che durano lo spazio di qualche ora. Dunque, la domanda che molti esperti si stanno ponendo nelle ultime ore è: dove era l’opinione pubblica negli ultimi dieci anni quando si esaltavano solamente le potenzialità dei social, dimenticando che ci si trovava di fronte solo a una nuova, e più avanzata, forma di “profilazione dei consumatori”? D’altronde, un compendio delle dichiarazioni rilasciate da Zuckerberg ai principali media a stelle e strisce dimostra che il problema di fondo non viene toccato e che, passata la tempesta (se verrà superata…), il problema di fondo resterà. Con buona pace dei “valori condivisi dalla community” di utenti/clienti. (agg. di R. G. Flore)
IL GARANTE DELLA PRIVACY: “IN GIOCO LA DEMOCRAZIA”
È inevitabile che dopo lo scandalo Cambridge Analytica, il mondo di Facebook non sarà più lo stesso: non crollerà, come qualcuno troppo prematuramente ha avanzato, ma di certo ci saranno regole interne più ferree e controlli maggiori nei vari stati in cui fino all’altro ieri Fb aveva vita più o meno libera sotto ogni punto di vista. Il colosso social, come ha detto Mark Zuckerberg, è intenzionato a rendere più facile e più diretta la protezione dei dati dopo quanto avvenuto sulle elezioni Trump e Brexit, ma è chiaro che al momento l’immagine generale del social più famoso al mondo è decisamente deteriorata. Il Garante della privacy e delle telecomunicazioni ha inviato alla società una richiesta di informazioni sull’impiego dei dati per finalità di comunicazione politica da parte di soggetti terzi. Secondo l’Agcom, in gioco c’è la democrazia, e Facebook pare abbia già replicato in forma diretta: «Siamo fortemente impegnati nel proteggere le informazioni delle persone e accogliamo l’opportunità di rispondere alle domande poste dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni», conferma all’Ansa Stephen Deadman, Deputy Chief Global Privacy Officer di Facebook. (agg. di Niccolò Magnani)
JIM CARREY VS ZUCKERBERG: “PER LUI SIAMO TESTE DI C…”
Dopo Donald Trump tocca a Mark Zuckerberg. L’ironia di Jim Carrey prende di mira il fondatore di Facebook, finito nella bufera per il datagate, più conosciuto come lo scandalo Cambridge Analytica. Dopo aver suscitato molte polemiche con i ritratti satirici dedicati ai personaggi politici, tra cui appunto il presidente americano, l’attore ha condiviso un’altra opera che ha suscitato in Rete molti commenti, alcuni dei quali particolarmente negativi. Il dipinto di Jim Carrey ironizza sulla fiducia che gli utenti hanno riposto nell’imprenditore e nella sua piattaforma. E come son bastasse la frase velenosa («Loro si fidano di me, che teste di c…!»), rincara la dose con una pungente didascalia: «Con chi state condividendo la vostra vita? Mettete delle regole a Facebook». Poche settimane fa, prima che scoppiasse questo scandalo, la star di Hollywood aveva già annunciato che avrebbe cancellato il proprio profilo da Facebook per il presunto ruolo che la piattaforma avrebbe avuto sulle elezioni statunitensi che hanno portato all’elezione di Trump. (agg. di Silvana Palazzo)
Who are you sharing your life with? #regulatefacebook pic.twitter.com/r7B7Ajkt0V
— Jim Carrey (@JimCarrey) 20 marzo 2018
DATAGATE FACEBOOK, ZUCKERBERG CHIEDE SCUSA
Chiede scusa il numero uno di Facebook, Mark Zuckerberg. Attraverso un post pubblicato sul proprio profilo ufficiale, il re della Silicon Valley, ha voluto tendere la mano a tutti gli utenti che si sono sentiti in qualche modo defraudati, dopo che è scoppiato lo scandalo Cambridge Analytica, ovvero, che circa 50 milioni di dati sensibili sono stati utilizzati (a insaputa ovviamente dei consumatori), per scopi politici. «Sono responsabile di quello che è successo – ha detto Mark attraverso la sua creatura – abbiamo fatto degli errori, c’è ancora molto da fare. Abbiamo la responsabilità di proteggere le vostre informazioni». Guarda al futuro il buon Zuckerberg, aggiungendo altresì che se non dovessero riuscire a proteggere i dati, a quel punto «non meritiamo di essere al vostro servizio».
“SONO IL RESPONSABILE, VOGLIAMO PROTEGGERE I VOSTRI DATI”
Un passo indietro che arriva dopo che Facebook ha subito un repentino crollo in borsa, con una perdita stimata di circa 50 miliardi di dollari, per un successivo rialzo a Wall Strett dello 0.77%. Un atto dovuto, una formula di rito, e come si dice in questi casi, la verità sta nel mezzo. «Sono certo che qualcuno sta cercando di usare Facebook per influenzarle», ha detto nel corso di una intervista alla Cnn lo stesso Zuckerberg. Ma siamo davvero sicuri che il creatore del social network più importante al mondo, non sapesse dell’utilizzo di questi dati? Difficile dare una risposta, fatto sta che i più scettici pensano che la questione sia stata affrontata con molta superficialità da parte di Facebook, che forse avrebbe dovuto effettuare delle indagini più approfondite per capire dove sarebbero finiti questi dati, o forse, lo sapeva e ha fatto finta di nulla. «Chiedo scusa e sono disponibile a testimoniare davanti al Congresso americano», ha chiosato Mark, disposto anche ad istituire nuove regole per i social network. E’ troppo tardi o è ancora in tempo?