Ore 11 circa, giovedì 22 marzo 2018. Come da atavica abitudine, la gran parte dei lombardi è sul posto di lavoro o impegnata in qualche verifica a scuola. Insomma, industriosa routine. Pochi hanno il tempo o la voglia (e invece il desiderio, ogni tanto, magari di sfuggita, di contemplare quell’azzurro terso d’infinito, come nella giornata di ieri, andrebbe riscoperto…) per alzare gli occhi e rimirare il cielo di Lombardia, “così bello quand’è bello, così splendido, così in pace”, come lo descriveva Alessandro Manzoni nel XXXII capitolo dei Promessi Sposi.
In pace? Di colpo, un paio di colpi, anzi, un paio di boati, “forti da far tremare i vetri della mia casa”, s’affrettano a twittare i più solerti. Da quelle parti — siamo sulla faglia geografica della laboriosità, una linea di fabbriche e botteghe che attraversa le province a nord di Milano, dal Varesotto alla Bergamasca, passando per la Brianza — ai botti e ai fuochi d’artificio, eccetto Carnevale e la notte di San Silvestro (ma sempre in modica quantità lombarda), sono poco avvezzi. E dunque quei boati s’avvertono, eccome, tanto che “ad Arcore e a Villasanta sono state evacuate le scuole per precauzione. Evacuate anche a Desio e in molti Comuni brianzoli”. In altri istituti, invece, gli alunni impegnati all’aria aperta nell’ora di educazione motoria, vengono fatti precipitosamente rientrare in classe.
“Persone in strada: ansia e allarme in un raggio di 50 chilometri”. Addirittura? Eh sì, nel giro di pochi minuti quel doppio “boom” (che se fosse stato boom economico avrebbe subito tranquillizzato e rasserenato tutti…), a distanza di secondi, viene rilanciato da altri cinguettii. Da Vimercate (sempre in provincia di Monza-Brianza), a Saronno (Varese), da Como a Bergamo (dove, fanno sapere i media locali, “la prima telefonata ai Vigili del fuoco arriva alle 11,05”), dalla stazione ferroviaria milanese della Bovisa su su fino a Stabio, in Svizzera. E subito dopo, anche in Piemonte e in Valle d’Aosta, tutti a raccontare che “sì, il botto l’abbiamo sentito”.
Centralini dei Vigili del fuoco in tilt, persone che abbandonano uffici, case e scuole, allarme, panico sui social. Tanto che passano solo pochi minuti e gli stessi Vigili del fuoco di Bergamo (dalle 11.05 sommersi da centinaia di telefonate) avvertono che “su Whatsapp è girato un assurdo messaggio in cui si diffonde la falsa notizia di una ditta chimica esplosa” (ma segnali di fumo non se ne vedono in giro, basta essere attenti alla realtà circostante).
Sulle ali dei cinguettii, piombano subito in picchiata stormi di fake news, una dopo l’altra: “terremoto a Parma”, “attentato a Bergamo”, “disastro aereo in Svizzera”, “sentiti boati anche nella bassa Germania, dove vive mia nipote che mi ha mandato il messaggio…”. A questo punto, ci manca solo un messaggio del tipo: “Tremendo boato in Svezia: in uno store Ikea di Stoccolma sono crollati tutti i mobili”…
Ma che è, il “big bang”? No, più semplicemente si tratta di un “bang supersonico”, fanno sapere dalla prefettura di Varese (e i primi a segnalarlo sono i giornali ticinesi, ma lì — si sa — efficienza e puntualità sono di casa), con successiva conferma dell’Aeronautica Militare. Tradotto in parole semplici, un accumulo di suono prodotto dal passaggio di due jet militari Eurofighter, alzatisi in volo dalla base di Istrana (Treviso) per andare a intercettare un aereo di linea francese che aveva perso i contatti radio con l’aeroporto di Parigi, scalo di destinazione. Insomma, non un’esercitazione, ma un allarme dirottamento vero, che avrebbe costretto i due caccia a un’operazione di “scramble”: così si chiama in gergo l’attività operativa consistente nel far decollare in maniera rapida una coppia di caccia armati al fine di intercettare e identificare un velivolo sconosciuto che viola lo spazio aereo. Decollo con immediata autorizzazione a superare la velocità del suono, per garantire la massima tempestività all’operazione.
Nel frattempo, il Centro geofisico prealpino spiega che il “bang supersonico” è stato “registrato da uno strumento sensibile come il nostro sismografo. È stato un segnale intenso, ma brevissimo, di pochi secondi: frane o terremoti, ad esempio, danno segnali più lunghi”.
Tutto a posto, allora? Tutti più tranquilli? Macché, a superare la barriera Mach 1 dell’idiozia sono ancora i social: “Non è niente di grave! Si tratta dei soliti esperimenti nucleari sotterranei degli Usa in Italia”, “La domanda è: perché 2 caccia hanno superato il muro del suono in tutta fretta senza fare la procedura standard?”, “chi paga tutto ‘sto carburante?”, “a che altezza stradale hanno passato la barriera del suono, giusto per capire da dove è partito il boato”. Anche qui, ci mancava solo qualcuno che twittasse: “Peccato, sono passati così in fretta che non sono riuscito a farmi un selfie”…
A questo punto la notizia, nel frattempo atterrata anche sui siti dei grandi quotidiani, è sulla bocca di tutti. Bravi i nostri piloti, meno male che loro vigilano sulla nostra sicurezza. Qualcuno giustamente ricorda come “negli anni 80 era la quotidianità il bang sonico degli F-104 o altri e non si evacuavano scuole o altro”.
Tutto è bene quel che finisce bene? No, siamo in Italia, la patria dei facili allarmismi, dei social grondanti di fake e dei giudici con l’avviso di garanzia pronto a decollare come uno “scramble”. “Per la Procura di Bergamo — riferiva ieri l’Ansa —, competente a indagare sulla vicenda dei due forti boati che hanno creato forte allarme in Lombardia, allo stato, non si ravvisano reati a carico dei due piloti che, con i loro caccia, hanno superato il muro del suono. Secondo le prime informazioni raccolte dai pm, i due piloti avrebbero infatti agito in condizioni di emergenza. La Procura di Bergamo è comunque in attesa di ricevere una relazione dalle autorità competenti”.
Forse ieri, con i boati di Lombardia, non si è infranto solo il muro del suono. Diceva Alexis Carrel: “Molto ragionamento e poca osservazione, conducono all’errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”. Ecco, la prossima volta, un occhio al cielo di Lombardia “così bello quand’è bello”…