Arrivano nuovi aggiornamenti sul caso di Atef Mathlouthi, il 41enne tunisino sospettato di essere un terrorista e di stare pianificando un attentato a Roma a seguito di una denuncia anonima a suo carico e anche di una segnalazione nel corso dell’ultima puntata di Chi l’ha visto?. Dopo che il diretto interessato si era difeso, minacciando di querelare tutti coloro che avevano associato la sua identità a quella di un possibile attentatore, e a seguito anche dell’intervista rilasciata dalla moglie che ha fatto chiarezza sulla questione, è arrivata una battuta da parte dello stesso Mathlouthi che, a proposito del fatto che era sospettato di essere di stanza nella Città Eterna ei essere pronto a colpire, ha replicato così: “Vivo a Madhia e dal 2012 non sono mai uscito dalla Tunisia. Sono ricercato a Roma? Magari mi portassero là…”. Infatti, l’uomo risiede nel paese nordafricano come aveva spiegato la sua consorte e non a Palermo assieme al resto della famiglia: “Mio marito lavora lì per mantenere i nostri figli e ha il permesso di soggiorno scaduto, quindi non riesce a rientrare in Italia” ha detto la donna, precisando che vivere da separati è dura e che uno dei loro bambini, dopo aver visto il padre in tv, “non mangia più e non vuole andare più a scuola”. (agg. di R. G. Flore)



LA MOGLIE: “UNA VENDETTA, VOGLIONO DISTRUGGERCI…”

La vicenda di Atef Mathlouthi, il 41enne tunisino sospettato di essere un terrorista e ricercato come un possibile attentatore a causa di una denuncia anonima, ha provocato la durissima reazione non solo del diretto interessato ma anche della sua famiglia. In una intervista rilasciata a una testata locale siciliana, la moglie di Mathlouthi ha ribadito il concetto già espresso (“Non è un terrorista!”) e ha aggiunto che i media “ci stanno distruggendo”. A detta di Behia Bendaoui, la consorte dell’uomo che è finito sulle pagine web e non dei principali mezzi di informazione italiani, “questa storia ci sta rovinando e io sono stravolta”. La donna spiega che, a suo dire, tutto sarebbe nato da una lettera recapitata all’ambasciata e che sarebbe “una denuncia scritta dalla moglie di un suo collega di lavoro con cui mio marito ha avuto un contenzioso economico”. Insomma, si tratterebbe “solo di una questione di soldi” o come l’ha definita la donna “cose tra maschi dove, per vendetta, si è messo in mezzo Atef per fargliela pagare”. Va ricordato comunque che Mathlouthi, in passato, era già stato arrestato più volte a Palermo (dove viveva sin dall’infanzia, prima di trasferirsi a Tunisi) per spaccio di droga. (agg. di R. G. Flore)



RIENTRATO L’ALLARME TERRORISMO A ROMA

Era scattato l’allarme: ora è stato revocato su tutta Roma. Qualcosa evidentemente deve esser andato storto nella comunicazione tra l’ambasciata di Tunisi e il Viminale, visto che nel giro di 48 ore si è “risolto” il mistero attorno al 41enne presunto terrorista che oggi a Chi l’ha visto ha smentito su tutta la linea le accuse lanciate contro di lui. «Rientrato l’allarme terrorismo in tutta Italia»: la Questura della Capitale, dopo i controlli di rito seguiti all’intervista di Atef Mathlouthi, avvisa in una nota «non è ritenuto un pericolo concreto e attuale, sebbene restiamo in fase di ulteriore approfondimento». Secondo gli uomini della sicurezza a Roma, l’allerta per il tunisino è decaduta in considerazione del fatto che l’innalzamento «standard della misure di sicurezza per Pasqua era stato già pianificato».  Stamane ad un tavolo a cui hanno partecipato il questore Guido Marino e le forze dell’ordine nella Capitale, è stato deciso un piano di sicurezza per i prossimi giorni della Settimana Santa pasquale che nella zona del Vaticano vedrà l’arrivo di moltissimi pellegrini e fedeli. La “green zone’ a Roma sarà prevista tra Centro storico, area Colosseo e area Vaticano con particolari misure per i prossimi giorni che andranno ben oltre l’allerta di un singolo presunto terrorista, ora appunto revocata. 



“NON SONO UN TERRORISTA!”

È terminata la caccia all’uomo che nelle passate ore aveva visto le forze dell’ordine impegnate non solo a Roma ma anche nel resto d’Italia, alla ricerca di un tunisino 41enne, Atef Mathlouthi, additato in una lettera anonima come un terrorista in procinto di realizzare attentati proprio nel cuore dell’Italia. La missiva era stata recapitata all’ambasciata italiana a Tunisi e questo aveva subito fatto scattare l’allerta terrorismo nel nostro Paese, per via delle rivelazioni in essa contenute e che anticipavano imminenti attacchi a centri commerciali, siti turistici e caffè della Capitale. “Non sono in fuga! Non sono un terrorista!”, ha detto il 41enne, raggiunto telefonicamente dalla trasmissione Chi l’ha visto?, che pubblica il suo audio sul profilo ufficiale Facebook. A detta dell’uomo, la polizia tunisina lo avrebbe interrogato per tutto il giorno, dopo averlo rintracciato nella sua terra di origine. “Denuncio tutti!”, ha minacciato alla luce delle conseguenze che ciò avuto per lui e la sua famiglia. Ad indignarsi, come spiega Corriere.it, sono anche i suoi parenti che per diverse ore hanno vissuto un vero incubo. “Ma quale terrorista!”, ha esclamato da Palermo uno dei suoi fratelli, spiegando di essere stato già rilasciato dalla polizia. “È una brava persona, lo conoscono tutti. Grazie a Dio, ora sta a casa a bere e mangiare alla faccia di chi gli vuole male”, ha aggiunto tramite i social, mettendo così fine ad un incubo familiare.

UNA VENDETTA ALLA BASE DELLA LETTERA?

Svolta nel caso del tunisino 41enne che avrebbe manifestato l’intenzione di realizzare degli attentati a Roma. Terminata la caccia all’uomo, si è finalmente fatto chiarezza su quanto realmente accaduto ed ora si cerca di capire cosa possa esserci dietro quella lettera anonima giunta all’ambasciata italiana a Tunisi contro Atef Mathlouthi. Non si esclude che alla base possa esserci proprio una vendetta o un dispetto da parte di qualcuno, nel mondo degli stupefacenti. Lo scorso sabato, la sua foto segnaletica era stata diramata da tutte le forze dell’ordine di Roma e provincia e in tutta Italia con l’ordine di “intervenire, rispettando scrupolosamente le procedure operative”. Questo prevedeva, in caso di controllo, anche l’impiego delle armi, se ritenuto necessario. Il presunto terrorista, con precedenti solo sul piano dello spaccio di droga, però, sin da subito era apparso del tutto sconosciuto al mondo dell’Isis ed il suo nome era finito in una nota di ricerca dell’Arma che era stata misteriosamente inserita in una chat di Whatsapp e poi pubblicata online. La notizia aveva ovviamente fatto aumentare il panico nella Capitale, al punto da avviare una nuova psicosi attentato soprattutto in vista delle feste pasquali.