I genitori di Martina Rossi avevano tuonato riguardo la richiesta di chiamare il regista Carlo Verdone come testimone riguardo il processo sulla morte della figlia. Una scelta che secondo il loro parere era stata compiuta esplicitamente per depistare le indagini. Queste le loro dichiarazioni al quotidiano di Genova, il Secolo XIX: “Hanno inserito nell’elenco dei testimoni da sentire tale “Paola”, senza indicarne il cognome, nella speranza che la sua identificazione faccia perdere tempo. E poi lo sfregio, di cui secondo noi troppo poco si è parlato nelle scorse settimane: hanno incluso nel loro lista di testi a difesa, oltre al parroco del paese che non si capisce cosa possa sapere d’un fatto avvenuto in un’altra nazione, pure Carlo Verdone, poiché in un suo film c’è una sequenza definita tecnicamente analoga. Vi rendete conto? Siamo certi che la verità sulla morte di Martina, che potrebbe arrivare con il processo, faccia molta paura. E allora gli imputati e i loro difensori fanno di tutto per depistare, per avvicinarsi alla prescrizione che scatterà fra un anno e nove mesi.” (agg. di Fabio Belli)



NO A RICHIESTA DELLA DIFESA

Carlo Verdone non sarà sentito in qualità di testimone nel processo sulla morte di Martina Rossi, la studentessa ligure morta nel 2011 alle Baleari, nel quale sono imputati due ragazzi di Arezzo che erano con lei durante quella vacanza. Infatti, i giudici del Tribunale aretino hanno bocciato oggi la richiesta, avanzata da parte degli avvocati della difesa, di sentire l’attore come teste (dalla cui lista è stato dunque depennato) e dunque non comparirà in aula per testimoniare. La lista, come è noto, era stata presentata da Tiberio Baroni, l’avvocato di Alessandro Albertoni (uno dei due ragazzi accusati della morte della ragazza oltre che di violenza sessuale compiuta assieme al suo amico, Luca Vanneschi) dato che, a suo dire, Verdone era un plausibile testimone in quanto aveva rilevato una presunta analogia tra uno dei film diretti dal regista romano e quanto accaduto alla povera Martina. “La motivazione di chiamare un personaggio così conosciuto era legata alla volontà di dare una risposta altrettanto mediatica a un processo mediatico” ha provato a motivare la sua richiesta Baroni.



IL “GIALLO” SULLA MORTE DI MARTINA ROSSI

Martina Rossi è morta circa sette anni fa, il 3 agosto del 2011 mentre si trovava in vacanza con alcuni amici a Palma de Mallorca: la studentessa genovese, all’epoca ventenne, era precipitata infatti dal sesto piano dell’Hotel Sant’Ana della località delle Baleari. La morte, secondo l’accusa, sarebbe stata una conseguenza di un altro reato contestato ai due ragazzi imputati nel processo, ovvero un tentativo di violenza sessuale conclusosi tragicamente. E, successivamente, sulla vicenda si sono riaccesi i riflettori quando l’avvocato Baroni aveva indicato Carlo Verdone come teste plausibile a causa dell’analogia tra una scena di un suo film e quello che, secondo la tesi della difesa, sarebbe stato invece il suicidio compiuto da Martina, lanciandosi spontaneamente dal balcone dell’hotel. Intanto, oltre alla decisione di depennare il nome dell’attore dal novero dei teste, si è anche appreso dall’udienza odierna che sono state dichiarate infondate le eccezioni sollevate dai difensori dei due ragazzi (ovvero il non celebrare in Italia un processo che si era già tenuto in Spagna) e che le intercettazioni saranno utilizzate interamente nel corso del processo.

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