La notizia appare su una delle più diffuse e accreditate agenzie di stampa e ha uno di quei titoli che fanno pensare allo scoop delle scoperte più importanti del secolo: la scoperta di un nuovo organo, tra i più grandi del corpo umano. Per chi sa quanto antichi siano gli studi di anatomia e come risalgano a centinaia di anni fa sembra assai difficile da credere. In realtà si tratta del tessuto connettivo, conosciuto da moltissimi decenni, diffuso in tutto l’organismo, formato da una serie di cavità interconnesse, piene di liquido e sostenute da fibre di collagene ed elastina. La novità non sta nel nuovo organo come realtà anatomica, ma nella sua fisiologia e quindi nella sua fisio-patologia. Le funzioni che finora gli venivano attribuite erano quelle di un semplice ammortizzatore, la parte meno nobile di altri organi, considerati a loro volta più complessi e capaci di svolgere funzioni di riconosciuta qualità specifica.
La scoperta di oggi riguarda quindi non tanto la sua presenza nell’organismo umano, quanto l’ipotesi che il tessuto connettivo, oltre a svolgere una funzione a basso livello di specializzazione, potrebbe invece spiegare altri fenomeni biologici come ad esempio la diffusione dei tumori e le malattie infiammatorie degenerative. Ne dà notizia lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports dall’Università di New York e dal Mount Sinai Beth Israel Medical Centre.
Ancora una volta sono le nuove tecnologie quelle che hanno permesse di rivedere e rivalutare le funzioni del connettivo, grazie ad una osservazione molto più attenta della sua struttura, che finora appariva grossolanamente compatta, pressoché inerte. Ora, grazie ad una nuova tecnica di endomicroscopia confocale laser, è possibile invece vedere anche il tessuto connettivo in azione, dal dal vivo, senza doverlo prelevare e fissare su un vetrino.
Secondo Neil Theise, docente di patologia all’Università di New York, le cavità che caratterizzano il tessuto connettivo lo rendono assai più simile ad una spugna che non ad un corpo solido. In questo modo il liquido che si muove liberamente da una cavità all’altra fungerebbe anche da veicolo per la diffusione di cellule cancerogene e potrebbe spiegare perché i tumori che invadono l’interstizio si diffondono più velocemente nel nostro organismo. Analogamente si potrebbero spiegare quelle situazioni che creando infiammazione, tendono successivamente a cronicizzare, come se restassero sempre intrappolate in un incastro di microcavità che ostacola il funzionamento delle cellule immunitarie, invece di facilitarlo come sarebbe auspicabile.
La nuova scoperta, legata all’evoluzione tecnologica, mostra quanto sia necessario affrontare lo studio dell’anatomia e della fisiologia in modo sempre più integrato; non come due branche di un sapere distinto, ma come una lunga sequela di interrogativi che possono ottenere risposte solo integrando continuamente anatomia e fisiologia. Non è un nuovo organo quello che si è scoperto, ma il modo di funzionare di un vecchio tessuto, finora sottovalutato, perché trattato in maniera impropria, a cominciare dall’immagine di cui si disponeva.
Gli antichi si ponevano uno di quegli interrogativi che ancora oggi stentano a trovare risposta univoca: è l’organo che crea la funzione o è la funzione che determina il modo di essere di un organo… La scoperta di cui oggi si dà notizia mostra come sia sostanzialmente impossibile capire la funzione di un organo senza conoscerne la morfologia, ma d’altra parte è il modo in cui un organo è fatto che ci spiega come funziona e quali sono le considerazioni che si possono trarre da sue eventuali alterazioni.
La vera scoperta, che ci auguriamo spendibile anche sul piano clinico, è prima di tutto metodologica: occorre ricucire profondamente lo studio dell’anatomia e della fisiologia, spostando lo studio della prima in modo sempre più vicino al vivente. E’ l’anatomia del vivente quella che ci aiuta a capire il funzionamento degli organi e per questo servono tecniche sempre meno invasive. Gli studi fatti con la TAC e con la RMN, soprattutto se con mezzo di contrasto, consentono una approssimazione sempre più realistica, di come è fatto il corpo umano e di come funziona; di cosa succede quando qualche ostacolo si frappone al suo corretto funzionamento. Ed è questo lo studio che gli studenti debbono affrontare ai diversi livelli del loro iter formativo. Superare gli steccati disciplinari per ricomporre il sapere in una visione integrata che risponda alla domanda sul perchè prima ancora che alla domanda sul come…
Uno studio dinamico, evolutivo, che consenta di capire come la fisio-anatomia dei nostri organi e tessuti cambi con il passare degli anni e potrebbero spiegare perché la perdita di fluidità in un connettivo a struttura spugnosa porti all’irrigidimento delle articolazioni e alla progressione delle malattie infiammatorie a livello delle articolazioni, con le conseguenze ben note sulla motilità e sulla autonomia dell’anziano.