Dice bene il professor Michele Rossena, psicologo e psicoterapeuta napoletano nonché presidente dell’Istituto italiano per le scienze umane, intervistato oggi sul quotidiano del capoluogo campano Il Mattino. Parla di “emergenza educativa” nei confronti dei giovani di oggi, di totale mancanza della presenza dei genitori, specie dei padri, nella vita dei figli, a proposito dei sempre più continui casi di abusi di droghe e alcolici da parte dei giovanissimi: dipendenze che ti rovinano la vita, spiega. Il problema maggiore, dice, non è quello dei gestori dei locali notturni che vendono superalcolici ai ragazzi, ma l’incapacità degli educatori, scuola compresa, “di metterli faccia a faccia con le loro responsabilità”. Non è la prima volta che si sente una opinione del genere: si è passati dal “padre padrone” e dalla famiglia ghetto chiuso in se stesso pre-68 all’abolizione totale della responsabilità educativa della famiglia. D’altro canto i genitori di oggi sono proprio i figli della generazione 68 che aveva predicato l’abolizione della famiglia come luogo educativo. Le responsabilità dei genitori? Risponde il professore: “Quelle di non essere in grado di far rispettare le regole. La famiglia è sempre più basata sull’ individualismo: ognuno prende quello che gli serve senza comunicare con gli altri. È più facile dire sempre di si ma sono i no quelli che, fin dai primi anni di vita, consentono di crescere in sintonia con quelle manifestazioni fisiologiche che – già di natura – portano un ragazzo a deviare. Figurati se non dai regole certe e limiti precisi”.



“GIOVANI TRA ALCOL E DROGHE? COLPA DEI GENITORI!”

Tutto giusto, ma, ci sentiamo di dire, non basta neanche questo. Per Rossena ci vuole l’imposizione di almeno tre regole precise: “gestione dello studio e sana convivenza che in famiglia non esiste quasi più. Ecco, se non si ripristinano questi tre punti, inutile sorprendersi quando i ragazzi bevono e si drogano fino a distruggersi: è tutto annunciato”. Si dovrebbe tornare dunque alle regole, ma nessuna regola, se non si sa spiegarne il motivo, se è solo imposizione dall’alto, potrà mai funzionare. In una società come quella di oggi dove le nuove tecnologie e il mondo dei social rappresentano una realtà virtuale dove tutto è lecito, i giovani sono sottoposti a un bombardamento di false libertà come mai successo nella storia dell’umanità. A cosa devono appellarsi i genitori? Sfiancati da “corpo a corpo”  durissimi con i figli che nell’età adolescenziale, come è giusto e normale che sia, si staccano dalla figura genitoriale, se non viene proposto loro un percorso educativo vero, che richiami ai bisogni connaturali presenti in tutti gli esseri umani, quelli cioè di essere voluti bene e allo stesso tempo essere incoraggiati a prendere una propria strada, l’alternativa è quella facile facile dello sballo. Ci vuole una proposta, non basta dire che “Una figura paterna autorevole è indispensabile. Con quella materna talvolta si arriva a forme di opposizione che le coinvolge anche fisicamente e lì ti accorgi della completa assenza del riferimento maschile. E poi questi ragazzi hanno tutto e troppo”. Giustamente il professore sostiene che i ragazzi di oggi hanno tutto e non sanno più con che cosa riempire i loro vuoti, niente è più desiderabile”. Ma se non c’è qualcuno che sa suscitare quel desiderio innato che hanno tutti, fissare regole, dice Rossena, e pretendere rispetto non funziona, aggiungiamo noi. Un giovane ha bisogno di essere accompagnato nella sua ricerca che a volte può sfociare anche nella cultura dello sballo, ma va indicata una via da percorrere, in cui ognuno, genitore e figlio, insieme costruisce il proprio destino. La società di oggi è pensata sistematicamente per disintegrare questo desiderio e rendere tutti dipendenti da un mondo illusorio di false soddisfazioni che allontana dal propro Io rendeonci una sorta di zombie manipolabili. Proprio i giovani sono i primi a rendersene conto e a soffrire di questo. Come dice Silvio Cattarina, responsabile di una comunità per giovani con dipendenze di varia natura, “Riusciamo a scoprire questo qualcosa e a costruire su di esso se pensiamo che la meta, anzi che l’origine, l’alba e l’aurora, il mezzogiorno e financo la sera, tutto insomma è la gioia, tutto nasce dalla gioia e porta alla gioia. Sì, quello che cerchiamo in ogni gesto e momento è la gioia.  Non siamo e non partiamo dal dolore, dalla tristezza e dalla sconfitta, ma dal nostro cuore che vuole e cerca la gioia”. E’ questo che va detto a questa generazione.

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