La politica di Telegram sulla privacy è sempre stata estrema, e soprattutto rigorosissima. Aver visto l’app bloccata in russia non sembra poter scoraggiare Pavel Durov e poter convincerlo a fornire le chiavi d’accesso alle autorità russe. Lo stesso Durov non ha voluto partecipare al processo in Russia nemmeno con i suoi legali, ritenendo del tutto illegittima la procedura. L’Fsb russa ha messo in scena in processo sottolineando come l’attentato alla metro di San Pietroburgo dello scorso aprile 2017 sia stato organizzato tramite Telegram, circostanza che Durov ha sempre bollato come mera «strumentalizzazione», nonostante la vicenda sia costata quasi un milione di rubli di multa alla compagnia. (agg. di Fabio Belli)
“TELEGRAM DIA CHIAVI D’ACCESSO ALLO 007”
Un processo lampo, quello che si è svolto oggi in Russia contro Telegram, la popolare applicazione di messaggeria istantanea. Dopo un’udienza di 20 minuti, la corte Tagansky di Mosca ha accolto la richiesta dell’autorità delle telecomunicazioni della Russia, il Roskomnadzor, ed ha bloccato l’accesso nel Paese all’app Telegram, rea di non aver fornito ai servizi di sicurezza, gli 007 russi, i codici per poter decrittare i messaggi degli utenti. Come spiega Repubblica.it, il processo si è svolto in assenza del team dei difensori poiché, alla vigilia del dibattimento in aula, era stato lo stesso ad di Telegram, Pavel Durov a vietare ai suoi legali di prendervi parte al fine di “non legittimare un processo farsa con la sua presenza”. Secondo le autorità che hanno richiesto il blocco di Telegram, ciò sarebbe stato giustificato essenzialmente dal fatto che si tratta di un’app molto popolare tra i terroristi ed usata proprio per pianificare attacchi ai danni del Paese: “Le informazioni distribuite su Telegram possono contenere estremismo e terrorismo e ciò può minacciare la Russia e tutti i suoi cittadini, inclusi gli utenti”, ha spiegato al giudice la rappresentante di Roskomnadzor.
LA POSIZIONE DEL FONDATORE PAVEL DUROV
Da mesi va avanti il braccio di ferro tra Pavel Durov e le autorità russe. Già lo scorso ottobre, la giustizia russa aveva multato Telegram per 800 mila rubri, ovvero 18 mila euro, per essersi rifiutata di collaborare con i servizi segreti. Lo scorso marzo, invece, era stata la Corte suprema a respingere il suo ricorso contro la richiesta di consegnare le chiavi di crittografia agli 007, facendo così scattare l’ultimatum. Ora la popolare applicazione potrà presentare ricorso in Appello contro la decisione della Corte di Mosca ma, come spiega l’Ansa, il blocco dovrebbe essere esecutivo, stando alla legislazione russa. Questo infatti sarà in vigore “fino a quando non saranno soddisfatte le richieste dell’Fsb”, ha spiegato il giudice Yulia Smolina che oggi si è espressa nel corso del brevissimo processo. Sulla sua pagina del social VKontakte, il fondatore dell’app ha commentato: “Telegram può permettersi di non tener conto dei flussi finanziari o della vendita di pubblicità: la privacy non si vende e i diritti umani non possono essere sacrificati per paura o avidità”. Poi ha fatto sapere che la sua applicazione ricorrerà a “metodi incorporati per bypassare il blocco (imposto da una corte russa) senza richiedere l’intervento degli utenti, sebbene l’accessibilità al 100% del servizio senza Vpn non sarà garantita”.