La bellezza della cultura, anzi della vita: la storia di Italo Spinelli in un mondo convulso dove spesso la ragione è usata a sproposito e per affermare solamente il proprio “angolino” contro il “torto” dell’altro, ci fa riaccendere qualche speranza per il futuro. Italo è un meccanico, ha 82 anni e in questi giorni si è laureato in Filosofia: sì, l’avete capito bene, ha studiato per anni, ha preso appunti, si è confrontato con i professori e alla fine ha condotto il proprio discorso di laurea alle Facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi di Macerata. «L’ho fatto perché dovevo capire dove fosse finita l’anima della mia Angela», la moglie mora qualche anno fa che ha lasciato un vuoto incolmabile nell’anima del buon Italo. Da lì l’intuizione di aver bisogno di qualcos’altro, di un aiuto per affrontare le domande più profonde possibili: chi può rendere il cuore dell’uomo felice? Perché esiste il dolore? Dove finiamo dopo la morte? E così via.. Ha tenuto una tesi su San Tommaso Moro, «Un uomo di grande fede, affascinante, anche se io avrei preferito Giordano Bruno, la mente migliore che mi sia capitato di incontrare», racconta ai media accorsi a Macerata per l’eccezionale storia da raccontare sul “dottor” Italo. Una vita felice, molto pratica, e poi una terza età in cui la praticità si è tradotta nell’altrettanto pratica e urgente necessità di capire dove sia finita quella donna amata per un’intera esistenza: «Nel 2014 è venuta a mancare mia moglie Angela. Un tumore al polmone, dei più cattivi, se l’è portata via in pochi mesi dopo 52 anni trascorsi assieme. Lei è stata quella che mi ha sempre sostenuto, con l’amore e in senso materiale, anche nei momenti difficili, che ci sono stati. Da quel giorno ho cominciato a chiedermi: “La rivedrò?”, “Dove è finita?”. O ancora: ”Ce l’abbiamo davvero un’anima?”».
PASCAL E LA CONVENIENZA DELLA FEDE
Italo a quel punto voleva capire, voleva trovare una risposta sulla morte della moglie e ha pensato bene di utilizzare quella “cosuccia” che tutti possediamo ma che molto spesso mal utilizziamo. La ragione: non ascoltate chi vi farà la lezioncina del tipo “dopo una vita di meccanico ha sentito l’esigenza di “riempire” la sua vita di significato”. Non è così e Italo con il suo esempio ce lo insegna: ha vissuto la sua vita intensamente, in tutto, e non tutti per poterlo fare devono studiare filosofia (e ve lo dice un laureato in filosofia come il sottoscritto, ndr). Quando però è mancata quella donna compagna di una vita, Italo ha semplicemente deciso di interrogarsi più a fondo sul possibile senso di quella “scomparsa”. Nel solco e nell’esempio della moglie: «Mi ha sostenuto sempre con l’amore materiale», confessa il dottore in Filosofia di 82 anni che quella stessa materialità l’ha poi ricercata nel pensiero dei grandi Padri del passato. «Aristotele e Platone? Un dualismo che a me ha ricordato quello tra Coppi e Bartali. Bartali, che fu partigiano e salvò gli ebrei, è Platone, un filosofo dalla statura morale più alta di tutti, che metteva la Verità al di sopra di ogni cosa», spiega ancora Italo prima di concludere con uno dei suoi autori preferiti e sulla convenienza per se e per la propria vita riguadagnata e riscoperta a 82 anni. «Mi ha aiutato la lettura del filosofo Pascal e della sua scommessa. Conviene avere fede, perché in quel caso almeno ci saremo garantiti la beatitudine. E alla fine credo che sì, una volta chiusi gli occhi per sempre, rivedrò la mia Angela».