Conta di più un immobile da vendere o una vita umana? E quando degli assistenti sociali possono accampare il diritto di dire “non ci occupiamo più di questa persona?”. E fino a quando la burocrazia maledetta di questa Italia impedirà di soccorrere una persona perché “residente altrove?”. Fino a che punto non ci si deve introdurre nella privacy di un’altra persona, che per motivi che non sappiamo vive da sola? Un tempo, per povertà, diverse famiglie vivevano nel medesimo caseggiato, le cosiddette “case di ringhiera” in città, o in cascine più o meno grandi in campagna, dove ognuno aveva a disposizione pochi metri quadri. Per forza di cose ci si incontrava ogni giorno, ci si prendeva cura ognuno degli altri, si comunicava. Magari anche troppo. Oggi abbiamo giganteschi torri, alberi in città li chiamano, dove i ricchi dominano i quartieri dei poveri, dove il vicinato non esiste più.
Certo, Valli del Pasubio, una bella e tranquilla località di montagna in provincia di Vicenza, non è Milano. Sono vecchie case di campagna un po’ isolate una dall’altra, ma la cittadina è talmente piccola che ci si conosce tutti. Walter Dal Zotto era un quarantenne originario di Schio che con i soldi di famiglia aveva comprato una casetta “al grezzo” vicino a un corso d’acqua, la strada provinciale davanti e un bel prato e il bosco sul retro. La mamma, unica parente, era rimasta a Schio. Poi Walter perde il posto di lavoro, succede a tanta gente no? Ogni tanto andava giù a Schio dove la madre gli comprava da mangiare, ma i vicini dicono che dimagriva sempre di più. Gli avevano offerto del cibo, ma lui, gentilmente, rifiutava. Non era un personaggio arrabbiato, era educato e gentile, solo non sapeva, o non voleva, comunicare con gli altri. Stava sempre da solo. Amava passare le giornate di sole sdraiato su una panchina a guardare il cielo blu intenso di montagna. Non si muoveva, fissava quel cielo come se aspettasse qualcosa, qualcuno. Come Charlie Brown steso sul prato guardava le nuvole passare, a indovinare a cosa assomigliassero: a un cavalluccio, a un’anatra. Poteva stare così tutto il giorno senza muovere un dito. Chissà cosa pensava, chissà se pensava. La madre muore e lui non ha soldi per fare la spesa.
I vicini lo vedono deperire e vanno ai servizi sociali una, due, tre volte, fino a quando si sentono dire di lasciarlo perdere. E’ un caso perso, vuole morire? Lo faccia. Walter Dal Zotto formalmente infatti risiedeva ancora a Schio, devono occuparsene loro, è un limite legale per l’intervento. Eutanasia di stato, una spesa in meno. Si fa presto a sparire nella società del terzo millennio, mica è Facebook dove hai centinaia di contatti che ti cercano, magari per rubarti “dati sensibili”. Ma c’è qualcosa di più sensibile di una vita umana? Pare di sì, oggigiorno. Le bollette non vengono più pagate, e allora si stacca la luce. Non importa, Walter ha un caminetto in cui accende il fuoco. I vicini capiscono che è lì dentro quando vedono uscire il fumo dal comignolo. Le rate del mutuo non arrivano più in banca? E noi la mettiamo in vendita, anzi all’asta. Così impara.
Ma passano circa nove mesi prima che si faccia vivo un acquirente interessato. Finalmente qualcuno apre la casa della casetta al grezzo ed entra. C’è un gran puzzo. Aprono una finestra e lo vedono: Walter è lì, seduto sul divano con le gambe accavallate. Tranquillo e silenzioso come è sempre stato, seduto educatamente. Peccato che è morto. Mummificato. Probabilmente di inedia. Nessuno, neanche quelli della banca, è andato a cercarlo. E lui ha silenziosamente tolto il disturbo. Lui, che desiderava solo guardare il cielo sdraiato su un pezzo di legno. Si è addormentato una sera sul divano e si è messo a sognare le nuvole che corrono nel cielo formando strani animaletti. Adesso Walter è in quel cielo blu che amava, è diventato una nuvoletta. Ci sarà qualcun altro da qualche parte nel mondo steso ad ammirare quel cielo. Anche se di poeti della solitudine in questo mondo ce ne sono sempre meno.