Non si è fatto nulla Silvio Berlusconi ma esattamente come gli è capitato altre volte, i “fuoriprogramma” che lo vedono sfortunato protagonista – come la caduta dal palco di ieri – sono occasione per rilanciare la sua verve tanto comica quanto politica. Anche ieri, come se nulla fosse, ad Isernia il leader di Forza Italia non vuole lasciare agli avversari la “scusa” di un Silvio invecchiato e non in grado di reggere l’agone politico. Il suo enorme ego comunicativo non glielo permette e dunque si “rialza” dalla caduta e attacca gli avversari come in un normale comizio passato: «Nel 1948 – ha detto il presidente azzurro – a 12 anni attaccavo i manifesti a Milano contro il Partito Comunista Italiano. Noi coprivamo i loro manifesti e loro coprivano i nostri. Una sera, sentii scuotere la scala dove mi trovavo. Erano militanti comunisti che mi dissero: ‘Vieni giu’, bellezza, che abbiamo qualcosa da dirti’. Me le diedero di santa ragione, ma riuscii a scappare», raccontava ieri al comizio dopo la caduta.
Poi prosegue con l’ormai sentita più volte “litania” dei colpi di stato che si sono susseguiti negli ultimi anni – «Nel 1948 ero gia’ in campo per difendere la liberta’ e l’Italia dal comunismo. Poi sono sceso in campo nel 1992, per evitare, ancora una volta che i comunisti andassero al potere. Da allora si sono succeduti quattro colpi di Stato che hanno massacrato la democrazia, con governi non eletti dal popolo e sostituiti da giochi di palazzo» – prima di concludere sui veri “comunisti” di oggi, i grillini. «Sono tornato in campo per evitare che un movimento ribellista, populista e pauperista come quello dei Cinque Stelle vada al governo. Sarebbe una tragedia per il Paese». Come nel comizio in Liguria nel 2015 quando per sostenere Toti alla guida della Regione cadde rovinosamente sul palco (qui sotto il video), Berlusconi non cede campo agli avversari e rialzandosi disse «sono i comunisti a farmi i tranelli!». (agg. di Niccolò Magnani)
LA CADUTA DAL PALCO DI ISERNIA
Fuoriprogramma per il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. In occasione di un comizio tenutosi ieri all’Auditorium di Isernia, l’ex Premier è inciampato sul palco, cadendo quindi rovinosamente a terra. L’imprenditore meneghino si trovava in Molise per sostenere la candidatura alle prossime elezioni regionali di Donato Toma del centrodestra, e mentre parlava è inciampato. Molti presenti si sono subito lanciati per aiutarlo a rialzarsi, fra cui proprio lo stesso Toma, che durante l’episodio era alle sue spalle. Fortunatamente non ci sono state conseguenze negative per il Cavaliere che si è subito rialzato, ed ha continuato il suo discorso politico. Pare che l’ex presidente del Milan stesse scartando una caramella, e non si fosse quindi accorto dello scalino salendo sul palco. Questa mattina, invece, Berlusconi ha voluto scrivere una lettera al Corriere della Sera, in merito al bombardamento USA in Siria, e alla crescente tensione fra gli Stati Uniti, la Russia e il Medio Oriente.
“COME A PRATICA DI MARE 15 ANNI FA…”
«Non è realistico pensare di sostituire Assad – scrive il leader di Forza Italia al quotidiano, facendo quindi eco al Premier Gentiloni – ma va messo in condizione di non nuocere alla sua popolazione». Secondo Berlusconi, la crisi si potrebbe risolvere come accadde quindici anni fa, quando il suo governo, a Pratica di Mare, si sedette ad un tavolo con Russia, Stati Uniti ed Europa, siglando un accordo storico: «Oggi un governo italiano autorevole – ha proseguito – potrebbe riprendere a lavorare proprio in quella direzione, perché l’Italia proprio nel Mediterraneo ha grandi interessi in gioco ma ha anche un ruolo strategico imprescindibile». Il numero uno di FI tende quindi la mano all’amico Putin, ai russi: «La presenza russa in Siria ha riportato un vasto grado di stabilità e la pacificazione in un Paese che rischiava di implodere. L’intervento diretto della Russia, ha evitato che si ripetesse in Siria quanto è accaduto in Libia con Gheddafi». Infine una condanna ad Assad e all’uso di armi chimiche, anche se… «Non vi è una prova univoca in questo senso, né del fatto che i suoi avversari non usino gli stessi mezzi o metodi meno violenti o crudeli anche ai danni della popolazione civile».